Buddhismo - SCIENZE ASTRATTE

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Buddhismo

RELIGIONI E FILOSOFIE

IL BUDDHISMO
di Andrea Fontana
2011


Tempio buddista



Il Buddhismo o Buddismo, che in sanscrito si scrive buddha-śāsana, è una delle religioni più diffuse ed è nato dagli insegnamenti di Siddhārtha Gautama (circa 566 a.C.– 486 a.C.) meglio conosciuto come Gautama Buddha, il Buddha storico, Buddha Śākyamuni o semplicemente Buddha (in sanscrito, devanāgarī; in pāli, Siddhattha Gotama) che proveniva da una famiglia ricca e nobile del clan degli Śākya, da cui anche l'appellativo Śākyamuni (l'asceta o il saggio della famiglia Śākya).

Il termine "Buddhismo" è stato introdotto in Europa nel XIX secolo per riferirsi a ciò che è correlabile agli insegnamenti di Siddhārtha Gautama in quanto Buddha. In realtà un'unica parola per esprimere questo concetto non esiste in nessuno dei paesi asiatici originari di tale tradizione religiosa. La traduzione dei termini originari letteralmente va intesa come "insegnamento del Buddha" (sanscrito: buddha-śāsana, pāli: buddha-sāsana, cinese: pinyin fójiào Wade-Giles fo2-chiao4, giapponese: bukkyō, tibetano: sangs rgyas kyi bka', coreano: pulgyo, vietnamita phật giáo).
Originariamente "l'insegnamento del Buddha" si denominava come DharmaVinaya (pāli: dhamma-vinaya, giapponese: hōritsu, tibetano: chos 'dul ba, coreano: pŏmnyul, vietnamita: phật pháp), ma questa denominazione non ha avuto quella diffusione nelle lingue asiatiche diverse dal sanscrito quanto invece la denominazione buddha-śāsana. Altri termini sanscriti con cui viene indicato il Buddhismo, nella sua accezione di religione esposta dal Buddha Shakyamuni, sono: buddhânuśāsana, jinaśāsana, tathāgataśāsana, dharma, buddhânuśāsti, śāsana, śāstuḥ ma anche buddha-dharma e buddha-vacana.

Con il termine Buddhismo si indica più in generale l'insieme di tradizioni, sistemi di pensiero, pratiche e tecniche spirituali, individuali e devozionali, nate dalle differenti interpretazioni di queste dottrine, che si sono evolute in modo anche molto eterogeneo e diversificato.
Sorto nel VI secolo a.C., a partire dall'India, il buddhismo si diffuse nei secoli successivi soprattutto nel Sud-est asiatico e in Estremo Oriente, giungendo, a partire dal XX secolo, anche in Occidente, comunemente si compendia nelle dottrine fondate sulle Quattro nobili verità (sanscrito Catvāri-ārya-satyāni).

Buddha, in italiano si scrive anche Budda, in sanscrito e pāli Buddha; in cinese Fotuo (sempl., Fótuópinyin), abbreviato; in giapponese Butsuda, abbreviato Butsu; in coreano Bulta, abbreviato Bul; in vietnamita Phật-đà abbreviato Phật ; in tibetano Sangs-rgyas.
Il Buddha è un "risvegliato", buddha infatti è il participio passato del sanscrito budh, "prendere conoscenza", svegliarsi, ed indica, secondo il Buddhismo, un essere che ha raggiunto l'illuminazione (bodhi) e in particolare il massimo grado di essa (samyaksaṃbodhi).
In realtà accadde che Siddhārtha Gautama fu adombrato dal Buddha, allo stesso modo in cui Cristo ha adombrato Gesù fino al Getsemani.

            

Secondo la tradizione, Siddharta Gautama morì a Kuśināgara, in India, a 80 anni, nel 486 a.C. circondato dai suoi discepoli, tra i quali l'affezionato attendente prediletto Ānanda, al quale lasciò le sue ultime disposizioni.
Tradizionalmente si riportano le sue ultime parole, sintesi della teoria dell'impermanenza:
« Handa dāni, bhikkave, āmantayāmi vo: "vayadhammā saṅkhārā appamādena sampādethā"ti.»
« Ricordate, o monaci, queste mie parole: tutte le cose composte sono destinate a disintegrarsi! Dedicatevi con diligenza alla vostra propria salvezza! »

Quindi il Buddha si stese vòlto a settentrione, reclinato sul fianco destro, e spirò.
Il clan dei Malla di Kuśināgara approntò un funerale degno di un sovrano universale: il corpo fu avvolto in cinquecento pezze di cotone e immerso in una vasca di ferro (taila-droṇī) piena d'olio. Quindi, con l'accompagnamento di una folla che portava ghirlande di fiori, ballava e suonava, il corpo attraversò la città. Passarono sette giorni prima che si approntasse la pira funeraria. Questo diede tempo a Mahākassapa, il più autorevole dei monaci dopo la morte, avvenuta poco prima, di Sāriputta e Mahāmoggallāna, di giungere a Kuśināgara e prendere parte ai riti funebri.
Ānanda, dopo essere stato per tutta la vita l'attendente del Buddha Gautama, si fece carico anche di tutta l'organizzazione delle cerimonie inerenti al suo corpo. Il giorno della cremazione, nell'ultimo saluto, diede la precedenza alle donne Malla di Kuśināgara: furono loro le prime a circumambulare Gautama, lanciare fiori e bagnare di pianto i suoi piedi. Quindi, contrariamente alle prescrizioni brahmaniche, il corpo fu portato in processione dentro la città (da Ānanda, il re di Malla, Śakra e Brahmā).
La pira fu accesa da Mahakassapa, con un simbolismo inverso, dato che usualmente in India i sannyasin non vengono cremati ma rilasciati nei fiumi. È vestito come un principe, quando fu proprio l'abbandono della sua veste principesca che aveva marcato l'origine della ricerca spirituale che lo aveva portato a divenire un Buddha.
Una volta estinto il fuoco furono raccolte le sarīra e conservate in una scatola d'oro al centro Kuśināgara.
La notizia della scomparsa del Buddha e della permanenza delle sarīra attirò una intensa competizione per impossessarsene: oltre ai Malla di Kuśināgara le reclamarono anche i Malla di Pāvā, il re Ajātashatru del Magadha, i Bulaka di Calakalpa, i Krauḍya di Rāmagrāma, i brahmini di Viṣṇudvīpa, i Lichchavi di Vaiśālī e i Śākya di Kapilavastu. Le richieste furono sottolineate dall'invio di eserciti a Kuśināgara.
Il Brahmano Droṇa fu scelto come arbitro: divise le sarīra in otto parti per gli otto pretendenti, per sé tenne l'urna (kumbha) con cui aveva eseguito la partizione, le ceneri della pira andarono al brahmano Pippalāyana, giunto dopo la cremazione. Una volta distribuite le sarīra ciascuna parte costruì un grande stūpa per venerarle. Lì rimasero finché il sovrano Aśoka non le aprì per ri-suddividerle e diffonderle in stūpa eretti in tutto l'impero Maurya.

La storia del Buddhismo inizia nel VI secolo a.C., con la predicazione di Siddhārtha Gautama. Nel lungo periodo della sua esistenza, la religione si è evoluta adattandosi ai vari Paesi, epoche e culture che ha attraversato, aggiungendo alla sua originale impronta indiana elementi culturali ellenistici, dell'Asia Centrale, dell'Estremo Oriente e del Sud-Est Asiatico; la sua diffusione geografica fu considerevole al punto da aver influenzato in diverse epoche storiche gran parte del continente asiatico. La storia del Buddhismo, come quella delle maggiori religioni, è anche caratterizzata da numerose correnti di pensiero e scismi, con la formazione di varie scuole; tra queste, le più importanti attualmente esistenti sono la scuola Theravāda, le scuole del Mahāyāna e le scuole Vajrayāna.

All'origine ed a fondamento del Buddhismo troviamo le Quattro nobili verità. Si narra che il Buddha, meditando sotto l'albero della bodhi, le comprese nel momento del proprio risveglio spirituale.
Esse sono riportate nel Dhammacakkappavattana Sutta del Saṃyutta Nikāya del Canone pāli e nel Canone cinese nello Záhánjīng, che è la traduzione in cinese del testo sanscrito Saṃyuktāgama al cui interno è collocato il Dharmaçakrapravartana Sūtra.
Questo è, sempre secondo la tradizione, il primo discorso del Buddha, tenuto nel parco delle gazzelle nei pressi di Sarnath vicino Varanasi (detta anche Benares) nel 528 a.C. ai suoi primi cinque discepoli, all'età di 35 anni, dopo che nei pressi del villaggio di Bodhgaya, nell'odierno stato del Bihar, aveva raggiunto il risveglio spirituale.
Questo discorso è quindi anche detto il "Discorso di Benares", fondamentale per il Buddhismo, che da questo prende le mosse, tanto da farlo considerare l'evento che dà inizio al Dharma (sans., Dhamma, pāli), ossia la dottrina buddhista. La ricorrenza di questo evento è infatti festeggiata nei paesi di tradizione theravāda con la festa di Magā Puja, il "giorno del Dhamma". Da altri è invece considerato il punto d'inizio della prima comunità buddhista, formata proprio da quei cinque asceti che lo avevano abbandonato anni prima sfiduciati, dopo essere stati a lungo suoi discepoli.
In questo discorso si identifica il Buddhismo come "La Via di Mezzo" (sanscrito Madhyamāpratipad, pāli Majjhimā pāṭipada) in cui si riconosce che la retta condotta risiede nella linea mediana di condotta di vita evitando tanto gli eccessi e gli assolutismi, quanto il lassismo e l'individualismo.

Nell'esposizione di questo insegnamento il Buddha enuncia le Quattro nobili verità, frutto del proprio risveglio spirituale raggiunto. Queste "Quattro Nobili Verità" contemplano l'aspetto pratico della condotta di vita e della pratica spirituale buddhista nel cosiddetto Nobile ottuplice sentiero, che costituisce il secondo cardine dottrinale del Buddhismo.
I punti salienti della visione buddhista della "realtà percettiva" indirizzata dall'insegnamento del Buddha, sono:
  1) la dottrina della sofferenza o duḥkha (sanscrito: dukkha, pāli), ossia che tutti gli aggregati (fisici o mentali) sono causa di sofferenza qualora li si voglia trattenere ed essi cessano, oppure si voglia separarsene ed essi permangono.
  2) la dottrina dell'impermanenza o anitya (sanscrito: anicca, pāli), ossia che tutto quanto è composto di aggregati (fisici o mentali) è soggetto alla nascita ed è quindi soggetto a decadenza ed estinzione con la decadenza ed estinzione degli aggregati che lo sostengono;
  3) la dottrina dell'assenza di un io eterno e immutabile, la cosiddetta dottrina dell'anātman (sanscrito: anattā, pāli) come conseguenza di una riflessione sui due punti precedenti.

Tale visione è integrata nella:
= dottrina della coproduzione condizionata (sanscrito: pratītyasamutpāda, pāli paṭicca samuppāda), ossia del meccanismo di causa ed effetto che lega l'uomo alle illusioni e agli attaccamenti che costituiscono la base della sofferenza esistenziale;
= dottrina della vacuità (sanscrito: śunyātā, pāli: suññatā) che insiste sull'inesistenza di una proprietà intrinseca nei composti e nei processi che formano la realtà e sulla stretta interdipendenza degli stessi.

Un elemento importante del Buddhismo, riportato in tutti i Canoni, è la conferma dell'esistenza delle divinità come già proclamate dalla letteratura religiosa vedica (i deva, tuttavia, nel Buddhismo sono sottomessi alla legge del karma e la loro esistenza è condizionata dal saṃsāra). Così nel Majjhima Nikāya 100 II-212 dove al brahmano Sangarava che gli chiedeva se esistessero i Deva, il Buddha storico rispose: «I Deva esistono! È questo un fatto che io ho riconosciuto e su cui tutto il mondo è d'accordo». Sempre nei testi che raccolgono i suoi insegnamenti, testi riconosciuti tra i più antichi in assoluto e conservati sia nel Canone pāli che nel Canone cinese e che la storiografia contemporanea inquadra nel termine Āgama-Nikāya, il Buddha storico consiglia a due brahmana che, dopo aver dato da mangiare a uomini santi, si debba dedicare questa azione alle divinità (Deva) locali che restituiranno l'onore concesso loro assicurando il benessere dell'individuo (Digha-nikāya, 2,88-89). È evidente, a partire da questi due antichi brani, la certezza da parte del Buddha storico che le divinità esistessero e andassero onorate. A differenza, tuttavia, delle altre correnti religiose dell'epoca, il Buddha ritiene che le divinità non possano offrire all'uomo la salvezza dal Saṃsāra, né un significato ultimo della propria esistenza. Va precisato, peraltro, che non esiste, né è mai esistita alcuna scuola buddhista al mondo che affermi, o abbia affermato, l'inesistenza delle divinità. Tuttavia la totale mancanza di centralità delle divinità nelle pratiche religiose e nelle dottrine buddhiste di tutte le epoche ha fatto considerare, da parte di alcuni studiosi contemporanei, il Buddhismo come una religione 'atea'.

Il Buddhismo Mahāyāna

A questo quadro dottrinario, proprio del Buddhismo dei Nikāya e del Buddhismo Theravāda, il Buddhismo Mahāyāna aggiunge le dottrine esposte nei Prajñāpāramitā sūtra e nel Sutra del Loto. All'interno di questi insegnamenti la dottrina della vacuità (sans. śunyātā) acquisisce un ruolo assolutamente centrale in quanto rende correlate, nella Realtà ultima, tutte le altre realtà e dottrine. Questa unificazione nella vacuità, ovvero di privazione di sostanzialità inerente, fa dichiarare al patriarca del Mahāyāna, Nāgārjuna:
« Il saṃsara è in nulla differente dal nirvāna. Il nirvāna è in nulla differente dal saṃsara. I confini del nirvāna sono i confini del saṃsara. »
(Nāgārjuna, Mūla-madhyamaka-kārikā)

Per il Sutra del Loto inoltre:
«A beneficio di chi cercava di diventare un ascoltatore della voce, il Buddha rispondeva esponendo la Legge delle Quattro Nobili Verità così che potesse trascendere nascita, vecchiaia, malattia e morte e ottenere il nirvana. A beneficio di chi cercava di diventare pratyekabuddha rispondeva la Legge della dodecupla catena di causalità. A beneficio del bodhisattva rispondeva esponendo le sei paramita, facendo ottenere loro l'anuttara-samyak-sambodhi e acquisire la saggezza onnicomprensiva.»

Questa presentazione delle Quattro Nobili Verità nella parte più antica del Sutra del Loto indica che, secondo le dottrine esposte in questo Sutra e attribuite da questo testo allo stesso Buddha Śākyamuni, la dottrina delle Quattro Nobili Verità non esaurisce l'insegnamento buddhista il quale deve invece mirare all'anuttara-samyak-sambodhi ovvero all'illuminazione profonda e non limitarsi al nirvāṇa generato dalla comprensione delle Quattro Nobili Verità. Nel suo complesso anche il Sutra del Loto non insiste sulle dottrine del duḥkha (la sofferenza, la prima delle Quattro nobili verità) e dell'anitya (impermanenza dei fenomeni) quanto piuttosto su quelle dell'anatman e dello śūnyatā (assenza di sostanzialità inerente in tutti i fenomeni). Il Dharma esposto nei primi 14 capitoli del Sutra del Loto corrisponde alla verità dell'apparire dei fenomeni secondo la causazione che segue le dieci condizioni (o "talità", sanscrito tathata) descritte nel II capitolo del Sutra. Il Dharma profondo è quindi nella comprensione della causa dei fenomeni; la realizzazione spirituale, la bodhi profonda (l'anuttarā-samyak-saṃbodhi), consiste nel comprendere questa "causa" dell'esistere, mentre la verità della sofferenza (duḥkha), come anche la dottrina dell'anitya, implica solo un giudizio. Nel Sutra del Loto non viene quindi enfatizzata la verità della sofferenza contenuta nelle Quattro nobili verità. Ecco perché quando il Buddha è sollecitato a insegnare la Legge "profonda" (nel II capitolo) non la esprime con la dottrina delle Quattro Nobili Verità (considerata nel Sutra come dottrina hīnayāna) ma la esprime secondo le dieci talità (o condizioni, sanscrito tathātā, dottrina mahāyāna).

Buddhismo Mahāyāna-Vajrayāna
La terza grande corrente del Buddhismo esistente in epoca contemporanea, la corrente Vajrayāna (Veicolo del diamante), è essa stessa uno sviluppo del Buddhismo Mahāyāna. Alle dottrine proprie del Mahāyāna quali ad esempio la vacuità (śunyātā), karuṇā, la bodhicitta il Vajrayāna aggiunge, allo scopo di poter realizzare "in questo corpo e in questa vita" l'"illuminazione profonda", alcuni insegnamenti "segreti" denominati come tantra e riportati nella propria letteratura religiosa.

Festività Buddhiste
Le festività buddhiste sono numerose e si differenziano tra le varie scuole e tradizioni.
Al Vesak, o Wesak, che cade nel plenilunio di Maggio, si ricordano i 3 momenti fondamentali della vita del Buddha (nascita, illuminazione e morte) ed è la festa buddhista più importante, festeggiata dai buddhisti di tutto il mondo e di tutte le tradizioni.
Il giorno di luna piena di Maggio è conosciuto come giorno di Vaisakha in sanscrito e Vesak in cingalese. In origine questa parola indicava l'intero mese di Maggio, ma in seguito fu usato per indicare, in modo particolare, il giorno di luna piena di Maggio in cui il Buddha nacque.
In tutti i paesi di religione buddhista del Sud Est Asiatico e dell'Estremo Oriente questa ricorrenza è festeggiata con grandi celebrazioni, manifestazioni all'aperto e giubilo popolare. In Occidente e in Italia, da quando si sono costituiti gruppi di praticanti occidentali, il Vesak viene celebrato oltre che come una festa, come occasione di incontro culturale e di pratica, anche con lo scopo di far conoscere al grande pubblico i valori fondamentali del Buddhismo. Il Vesak è inoltre riconosciuto dalle Nazioni Unite come giorno di festa internazionale.

Nella tradizione Theravada, nel giorno di luna piena del mese di Vesak, si festeggiano i tre eventi più importanti della vita del Buddha:
1) La nascita del Buddha come principe Siddharta a Lumbini in Kapilavatthu.
2) L’asceta Gotama Siddharta realizza l’Illuminazione Completa a Bodhgaya seduto sotto l’albero della Bodhi.
3) La morte del Buddha (Parinibbana) a Kusinara.
Nelle tradizioni Mahayana, i due ultimi eventi possono essere festeggiati anche in date separate.


Il Dalai Lama (Tale' i Bla-ma in tibetano) è la più alta autorità teocratica del Tibet, essendo la massima autorità spirituale del Buddhismo tibetano dagli inizi del Seicento, e, dal 1959, Capo del Governo tibetano in esilio (fino all'11 marzo 2011) del Tibet.
Il titolo di Dalai lama è tratto da una combinazione della parola mongola Dalai, che significa "Oceano", e pronunciabile in tibetano come tale' i, con Lama, equivalente tibetano del termine sanscrito guru, ovvero «Maestro spirituale». Dalai Lama sarebbe dunque traducibile come «Maestro oceano», ma si preferisce utilizzare la più elegante espressione «Oceano di saggezza».
Questa denominazione fu attribuita nel 1578 da Altan Khan, il sovrano dell'Impero mongolo, al monaco buddhista tibetano Sonam Gyatso, aderente alla scuola Gelug e Khenpo del monastero di Drepung, a Lhasa, il più grande monastero del Tibet.
Sonam Gyatso era considerato un tulku, ossia un Lama reincarnato, pertanto attribuì il titolo di Dalai Lama alle sue precedenti incarnazioni, Gendun Gyatso e Gendun Drup, divenendo in tal modo il terzo.
Successivamente, sempre con il sostegno dei monarchi mongoli, il Quinto Dalai Lama divenne anche il sovrano assoluto del Tibet, che a quel punto divenne una teocrazia lamaista. La sua residenza divenne il Palazzo del Potala, nuovo simbolo del potere sia temporale sia spirituale della nazione insieme al Palazzo d'Estate, il Norbulingka, anch'esso a Lhasa.
Il Dalai Lama è venerato come manifestazione di Cenresig, il Buddha della Compassione, e i tibetani si rivolgono a lui chiamandolo Kyabgon, il «Salvatore», e Kundun, «la Presenza». Al di fuori del Tibet lo si considera capo dei Gelug, ma in realtà, benché si tratti della massima autorità spirituale e politica del Tibet, la scuola dei Berretti Gialli riconosce il proprio capo nel Ganden Tripa, «Detentore del Trono di Ganden» in tibetano, un lama scelto tramite elezione dai khenpo dei più autorevoli monasteri Gelug, e che in genere rimane in carica per tre anni.
Il Dalai Lama è il più famoso esempio di tulku, cioè di Lama reincarnato: quando un Dalai Lama muore, il Panchen Lama, il Reting Rinpoce e altri insigni monaci qualificati avviano le indagini atte a scoprire la sua reincarnazione servendosi degli oracoli, interpretando i presagi e i sogni. Una volta che la reincarnazione viene identificata, solitamente quando è ancora un bambino molto piccolo, viene consacrato novizio e intronizzato ufficialmente, dando inizio al suo percorso di studi, ma fino alla sua maggiore età il potere esecutivo è esercitato da un Reggente.
Secondo un'antica tradizione, alla famiglia del bambino reincarnato vengono concessi un titolo nobiliare e una proprietà fondiaria.


Il 14° Dalai Lama, Tenzin Gyatso

L'attuale Dalai Lama, il quattordicesimo, è Tenzin Gyatso, nato a Taktser, nell'Amdo, il 6 luglio 1935. Dal 1959, a causa dell'occupazione politica e militare del Tibet da parte della Cina (che revocò così lo statuto di autonomia di cui il Paese da secoli usufruiva), risiede a Dharamsala, nello Stato di Himachal Pradesh, nel nord dell'India: l'allora Primo ministro indiano Jawaharlal Nehru si prodigò per garantire la sopravvivenza della civiltà tibetana e del Buddhismo, messi in pericolo nello stesso Tibet a causa di una forte campagna voluta dalle autorità cinesi per fare del Paese delle Nevi un avamposto completamente cinese.
Capo del Governo tibetano in esilio fino all'11 marzo 2011, data in cui ha ufficialmente presentato le dimissioni in favore di un successore eletto dal Parlamento esule, dopo aver peraltro promosso una riforma atta a ridisegnare i propri poteri politici, Tenzin Gyatso ha ricevuto il Premio Nobel per la pace nel 1989 per la resistenza non violenta contro la Cina. Ancora detentore della propria autorità religiosa, oltre a insegnare il Buddhismo in tutto il mondo, guadagnandosi stima e rispetto in buona parte dei Paesi esteri, sostiene energicamente i rifugiati tibetani nella costruzione dei templi e nella salvaguardia della loro cultura.

Malgrado la figura del Dalai Lama sia secolare e rappresenti un caposaldo per tutta la cultura tibetana, la Cina ha deciso di arrogarsi il diritto di nominare in futuro le nuove reincarnazioni di questa importante carica religiosa, prerogativa che spetta invece ai soli lama tibetani.
Il primo passo da parte dei cinesi è stato compiuto nel 1995 quando rapirono la supposta reincarnazione del decimo Panchen Lama, seconda autorità lamaista del Tibet, sottoposta solo a quella del Dalai Lama. Il Panchen Lama e il Dalai Lama sono legati da un antico vincolo nella ricerca delle reciproche reincarnazioni. Il potenziale undicesimo Panchen Lama fu identificato da Tenzin Gyatso nella persona di Gedhun Choekyi, ma dal 1995 non si hanno più notizie di lui e della sua famiglia, che ufficialmente sono posti sotto la «tutela protettiva» del governo di Pechino.
Nel settembre 2007, la Cina ha affermato che tutti gli alti monaci tibetani dovranno essere nominati dal suo governo e che, in futuro, questi dovranno eleggere il 15º Dalai Lama sotto la supervisione del loro Panchen Lama, Jizun Losang Qamba Lhunzhub Qoigyijabu Baisangbu.
In risposta a questo scenario, Tashi Wangdi, il rappresentante del Dalai Lama in Europa, ha affermato che le elezioni in quel caso sarebbero del tutto illegittime, aggiungendo: «Non si possono imporre imām o vescovi alle altre religioni. La decisione di nominare lama e monaci spetta ai tibetani. I cinesi possono usare la loro forza politica, ma le loro decisioni saranno comunque senza valore. Così è stato per l'usurpatore del Panchen Lama, così sarà per ogni carica non eletta dai tibetani.»



LA SEDE CORPORALE DI UN BUDDHA


Helena Petrovna Blavatsky (conosciuta anche con le iniziali H.P.B) nel 1875 ha fondato la Società Teosofica con l'intento di creare un ponte fra Oriente e Occidente e fra le Scienze e le Religioni.  
H.P. Blavatsky scrisse che in un paese chiamato Ta Kure o Urga risiede uno dei 5 principali bodhisattva del Tibet, il Bogdo Khan, che viene anche chiamato Khi-sson Tamba ed è il "Precursore di Buddha" e uno dei cinque "Hobilgan" (che è un termine mongolo equivalente al tibetano Hutuktù) ognuno dei quali è il tempio corporale di uno dei 5 Buddha del nostro pianeta (Collected Writings Vol. III pag 185).
Di questi corpi che ospitano i 5 bodhisattva fa parte anche il Panchen Lama.
Si riporta questo articolo che parla di uno dei 5 templi corporali, il Lama Khambo.

Il Lama Reincarnato che stupisce la Russia

"MOSCA: La testa, rasata, suda. Le mani, morbide, sono calde. Il cervello trasmette impulsi elettrici. Le unghie crescono. Il corpo perde e riacquista peso. La pelle, tesa, è elastica. Gomiti e ginocchia si muovono. Naso e orecchi sono dove ognuno li ha. Gli occhi, intatti, stanno chiusi: qualcuno, raramente, nota le palpebre sollevarsi. Il cuore sembra pronto a riprendere il battito. Vene e arterie sono piene di sangue, di gelatinosa consistenza. Il Lama Khambo Itighelov è tornato. Prima di morire, nel 1927, lo aveva promesso.


Una sequenza di tre immagini della mummia del lama Khambo Itighelov a Ulan-Ude in Buriazia


Ora i buddisti russi lo venerano come "il dio rinato". Sette volte all'anno, nelle feste solenni, la sua cella nel monastero di Ivolghinskij, affacciato sul lago Baikal, si apre ai fedeli. A migliaia lasciano i villaggi dell'estremo Oriente e della Mongolia per accorrere a Ulan-Ude, in Buriazia. Non c'è posto per tutti. Attorno alla cassa di cedro protetta da una campana di cristallo, dove il corpo disteso 78 anni fa è riemerso seduto nella posizione del loto, possono sfilare 15 mila persone al giorno. Per quest'anno gli accessi, aumentati a 130 mila, sono esauriti.                
Medici e scienziati di tutto il mondo non sanno spiegare il fenomeno. Nei laboratori si esaminano campioni di tessuti, capelli, cartilagini. Le radiografie confermano solo il mistero: gli organi di quella che fu la guida spirituale dei buddisti russi sono perfettamente conservati. Dove si ferma la ragione, accorre la fede. I monaci del "dazan" sono sicuri. Il Lama Khambo, dopo aver raggiunto lo stato della "perfetta vuotezza", è vivo. In lui si è reincarnato il primo capo della chiesa buddista, Pandito Khambo, Lama Zajaev. Era nato nel 1702. Morì a 75 anni, promettendo agli allievi di tornare dopo altrettanti. Alla data stabilita, 1852, venne alla luce Khambo Itighelov. Visse altri tre quarti di secolo, confermando a sua volta il ritorno dopo un tempo corrispondente. Alla scadenza, tre anni fa, ha rispettato l'appuntamento. Da allora la vita, identificata con la "trasmigrazione dell'anima", riprende a scuotere il suo corpo: mummificato pur senza aver subìto alcun trattamento.
Aveva lasciato il mondo in modo sorprendente. Nel 1917, mentre l'impero degli zar Romanov crollava sotto i colpi dei bolscevichi di Lenin, aveva rinunciato a governare la chiesa buddista. Per dieci anni Khambo Itighelov si era ritirato in un monastero. Sedeva immobile, solo nella cella: "Devo perfezionare - spiegava - il mio spirito". Il 15 giugno del 1927 convocò i suoi discepoli. Chiese che recitassero per lui la preghiera dei defunti: "Auguri di bene per chi se ne va". Gli allievi erano incerti. "Perché maestro - chiesero - dobbiamo recitare questi versi per lei che è sano e forte?". Il lama sorrideva. Li pregò di tornare a guardare il suo corpo dopo 30 anni. Volle che venisse scritto che dopo 75 anni il suo spirito sarebbe stato nuovamente tra loro. Poi, dopo aver pronunciato da sé l'orazione funebre, smise semplicemente di respirare. Lo stupore, dominato dalla paura, ha impedito che venisse cremato. Fu messo nella terra, avvolto in un lenzuolo e cosparso di sale.
"Nel 1957 - racconta oggi la direttrice dell'istituto religioso a lui dedicato, Yanzhima Dabaevna - il Lama Itighelov è stato esumato. Era intatto, non si è potuto bruciare come prescrive la legge buddista. Nel 2002 la conferma del miracolo. Pesava 37 chili, oggi oscilla sui 42". Nessuno ha diffuso la notizia della mummia reincarnata. Si temeva che attorno al Maestro fiorisse un'ingiustificata idolatria. Poi, misteriosamente, decine e quindi centinaia di fedeli hanno iniziato a battere al portone del convento. "Chiedevano di Khambo - spiega la discendente - abbiamo dovuto prendere atto della verità".


Il Lama Khambo Itighelov agli inizi del ‘900


"Il fenomeno è stato contenuto fino a gennaio. Il centro di medicina legale del ministero della salute, assieme all'università di Mosca, esitavano a pronunciarsi. Quindi il verdetto choc: "Gli esami di laboratorio - scrive il professor Viktor Zvjagin -non hanno rilevato nei tessuti organici del corpo qualcosa che li distingue da quelli di una persona vivente". Dieci giorni fa, su richiesta dei monaci, gli esami sono stati sospesi. Il "Lama rinato" smette di essere un fenomeno scientifico e si consegna all'insondabilità della credenza. I buddisti dell'estremo Oriente russo, ma anche quelli sparsi lungo il confine cinese, giovedì hanno festeggiato, pregato e ringraziato. Al monastero sono stati fissati i giorni in cui, entro un anno, si potrà onorare il Maestro: 24 aprile, 23 maggio, 10 luglio, 27 settembre, 24 ottobre, 26 novembre, 29 gennaio 2006.
"I dubbi sono fugati - dice l'attuale capo dei buddisti, Khambo lama Ajuscejev - gli esperimenti non servono più. Il lama Itighelovè come noi, solo in un stato di assenza. La reincarnazione è compiuta". I monaci della Buriazia ricordano così l'origine dell'enigma. La "mummia vivente", appena onorata anche dall'attore Richard Gere, avrebbe raggiunto il livello di astrazione dal corpo descritto nel 1400 dal famoso la-ma Bogdo Zonkhavy. "E uno stato paranormale straordinario. Si ottiene attraverso lo svuotamento: un percorso spirituale ignoto, che consente di abbandonare e riacquisire il proprio corpo". A provarlo, un vecchio verbale della locale guarnigione della polizia russa. "Il lama - si legge - nel pomeriggio correva a cavallo sulla superficie del lago Beloje, come fosse sul selciato". Altri raccontano che fosse in grado di spostarsi fulmineamente: si riduceva ad un punto, riapparendo in un istante ad un chilometro di distanza. Yanzhima Dabaevna ha scoperto che i magici poteri si sono rivelati al ritorno del Maestro dopo vent'anni di studi alchimistici in Tibet. Il monastero, oggi cinese, è stato distrutto. Khambo Itighelov rimane l'ultimo custode del proprio segreto."

Articolo tratto nel 2004 da questo sito, attualmente non più on-line:
http://www.jivana.it/yoga_meditazione_articoli/lama_reincarnato.html

Inoltre in questo video e gli altri correlati si vede il fenomeno del Lama:
http://www.youtube.com/watch?v=qM-KRpd4QYQ

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