GEOMETRIA SACRA - SCIENZE ASTRATTE

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GEOMETRIA SACRA

NUMEROLOGIA E ARITMOSCOPIA

LA GEOMETRIA SACRA
di Andrea Fontana
2013



Indice:
IL CERCHIO
LA CROCE
IL QUADRATO
IL SATOR
I QUADRATI MAGICI
I QUADRATI MAGICI DI FRANKLIN
LA SEZIONE AUREA
LA SUCCESSIONE DI FIBONACCI
I NUMERI DI FIBONACCI E LA SEZIONE AUREA
SEZIONE AUREA E MUSICA




IL CERCHIO




Il Cerchio rappresenta la perfezione, la compiutezza, l’unione, ciò che non ha rottura e cesura.
Emblema tradizionale di ciò che non ha inizio né fine, formato da una linea unica le cui estremità si ricongiungono per annullarsi l’una nell’altra.
Il Cerchio rappresenta lo stato della sostanza primordiale, impalpabile e trasparente, uniforme ed indifferenziata.
Infatti il Cerchio sprovvisto di angoli e di spigoli simboleggia l’armonia, che grazie all’assenza di opposizioni, come l’alto e il basso, ecc., traduce l’indifferenziato in un’uguaglianza di principi.
È il simbolo dello spirito e dell’immaterialità dell’anima.
Il simbolismo del Cerchio é duplice, sia magico sia celeste.
Il Cerchio come cielo rappresenta la dimensione intellettuale e spirituale.
Infatti nella sua opposizione al quadrato, il cerchio incarna il cielo in rapporto alla terra, a tutto ciò che è materiale.
Il Cerchio come cielo è collegato al il ciclo perenne della vita.
Questo concetto è ben espresso dalla circonferenza, figura geometrica nella quale non è dato distinguere il principio dalla fine, simbolo dell'eternità e quindi di perfezione.
Il movimento circolare, che è anche quello del cielo, è perfetto, immutabile, senza inizio né fine, né variazione; questo fa si che esso possa rappresentare il tempo, il quale, a sua volta, può essere definito come una successione continua e invariabile di istanti tutti identici gli uni agli altri, e da qui il concetto di ciclicità.
La circonferenza determina anche un limite separatore tra la superficie interna definita e quella esterna infinita.
Il simbolismo del Cerchio è strettamente legato a quello del centro, in relazione all’unità primordiale.
È il luogo sacro dove si concentrano tutte le energie materiali e spirituali.
Di questa circonferenza, i quattro elementi sono i raggi; il centro, che è anche punto centrale della croce, è il punto dal quale i raggi si dipartono ma al qual peraltro convergono, simbolo quindi del Principio da cui tutto trae origine e cui tutto ritorna.
Presso i popoli primitivi la circonferenza con il punto centrale è ancora la raffigurazione del sole, il cui calore è associato all'amore, e la luce alla bellezza e alla verità.
Il Cerchio, come cerchio magico o sfera, è un tempio ben definito, pur non essendo uno spazio fisico.
Il Cerchio magico ha origini antiche.
Alcune sue forme erano utilizzate nell'antica magia babilonese.
Anche i maghi cerimoniali del medioevo e del rinascimento le utilizzavano.
I Cerchi magici venivano usati dai maghi nelle cerimonie per proteggersi dalle forze evocate.
Nel mondo celtico, il Cerchio ha una funzione e un valore magico.
Il Cerchio simbolizza dunque un limite magico invalicabile.
Per i popoli nomadi il Santuario per la divinità era concepito circolare, come la loro tenda. Per delimitare il Santuario essi fissavano un bastone nel terreno e concepivano il bastone come asse del mondo ed ogni punto della superficie terrestre era concepito corrispondente a tale asse. Con un filo legato al bastone ruotando formavano il Cerchio, trasfigurazione del cielo e del cosmo.

Leonardo Da Vinci in molte sue opere ha lasciato diversi messaggi nascosti, più o meno comprensibili, ma quello in cui ha trasmesso il messaggio più segreto ed inaccessibile è sicuramente il disegno più conosciuto e riprodotto al mondo nelle più disparate versioni, l'Uomo Vitruviano, "Homo Vitruviano", in cui il Maestro ha indicato la chiave segreta per comprendere la chiave per la "quadratura del cerchio", ritenuta matematicamente impossibile.





LA CROCE



             


È un simbolo antichissimo e universale. La Croce è costituita da due segmenti posti a 90 gradi, ad eccezione della Croce di Sant’Andrea che ha i segmenti uno inclinato a destra e l’altro verso sinistra, simboleggianti l’incontro di due fattori similari ma opposti nella loro azione.
La figura originaria della Croce è il Cerchio, indicativo dell’intero Universo, suddiviso nei suoi quattro quadranti, oppure il Cerchio simboleggiante il Sole privato di parti della circonferenza, per suggerirne la dinamicità (la rotazione) e l’emanazione di energia.
È da questa seconda forma che prende origine la svastica, croce di origine indiana e diffusa nell’antichità greco-romana. Rispetto ad una forma più primitiva essa porta ad una geometrizzazione lineare degli archi di circonferenza.
La Croce rientra in un simbolismo cosmico che mette in moto le valenze energetiche della Natura.
I due segmenti rappresentano le polarità dell’esistenza.
Il segmento orizzontale rappresenta la polarità negativa, la materia, la superficie terrena che separa i due regni, quello infero da quello celeste ed ha una valenza passiva.
Il segmento verticale, la polarità positiva, mette in comunicazione il mondo celeste con quello sotterraneo, perciò ha una valenza attiva collegando il basso con l’alto. L’attivo che attraversa il passivo si ricollega all’idea di fecondità: Dio si unisce alla Natura per generare ciò che è. Infatti il punto d’intersezione delle due braccia è il simbolo del Principio universale, dove gli opposti da antitetici diventano complementari, riducendosi armonicamente in unità: nell’esoterismo islamico e in quello ebraico, esso è chiamato Shekinàh, Palazzo Santo, la dimora dell’Uno che Importante è capire che l’effettiva realizzazione della totalità dell’essere, che è al di là di qualsiasi condizione, è precisamente ciò che la dottrina indù chiama Moksha (liberazione) e che l’esoterismo definisce identità suprema.
La croce può essere ricollegata all’Albero della Vita, nella sua valenza attiva, rappresenta il microcosmo che rispecchia il Macrocosmo.
La Croce è un simbolo d’origine precristiana, manifestatosi in numerose varianti. L’Ankh, la croce ansata degli antichi Egizi, simboleggia la vita.
La Croce egizia riceve l’energia superiore dalla divinità e la trasmette alla persona o entità alla quale viene conferita.
La Croce a forma di Tau, molto diffusa nell’antichità fenicia e greca, e con cui più tardi i Druidi celtici rappresentavano il dio Hu, poi adottata da San Francesco. L’origine del simbolo della croce è probabilmente duplice: da una parte nella protoforma del tau, essa poté derivare dalla stilizzazione delle corna del toro o dell’ariete, gli animali simbolo della forza riproduttrice; dall’altra dovette incorporare valenze astronomiche e naturalistiche diverse, dalla Croce equinoziale al diagramma cruciforme della Qabbalah, che rappresenta l’uomo.
La Croce celtica, detta anche druidica, rappresenta il più alto simbolo della conoscenza iniziatica degli antichi druidi, ed il massimo compendio della loro scienza simbolo contemplato dai Druidi come sigillo del Sapere e dei 4 elementi della natura che confluiscono al centro di un cerchio che è simbolo del quinto elemento, della quinta essenza.
Si tratta di un classico pentacolo, agente attivamente in corrispondenza con il cosmo.
Questo emblema cimrico è costruito sul rapporto sacro dei numeri. É anche una ruota solare o ruota di Luce.
La croce rappresenta sia i quattro punti cardinali, sia le due vie sacre che ogni popolo o individuo può percorrere. I quattro punti cardinali rappresentano: l’Est, dove sorge il Sole, è il potere spirituale, la luce, la vita stessa e la conoscenza; il Sud, con i suoi venti caldi, la buona stagione, le cose che crescono; l’Ovest il tramonto il buio i misteri ma anche la rinascita; il Nord il freddo, le prove materiali che ci temperano e migliorano.
Le due linee che si incrociano e il loro punto di intersezione rappresenta l’equilibrio. Le due vie sacre: quella orizzontale, percorribile materialmente e quella verticale, percorribile spiritualmente (che unisce la Terra al Cielo).
La Croce nel Cerchio (croce indiana) unisce le due precedenti simbologie in un unico simbolo.
Il simbolo della Croce è ricollegabile al numero tre, un potente simbolo esoterico legato alla nascita-crescita-morte, uomo-donna-prole, ecc. che ritroviamo nell’idea della fecondità simboleggiata dalla croce, ed esemplifica come le energie e le forme materiali si muovano spesso in un sistema binario o doppio, capace di generare una terza energia molto potente.
La raffigurazione stilizzata di due persone di sesso diverso che si uniscono intimamente fra loro per dar vita a una nuova creatura, ci induce a riflettere su un altro significato della Croce, e cioè la risoluzione dialettica degli opposti (maschio/femmina; vita/morte; verticale/orizzontale; razionalità/intuizione, ecc.). Tali opposti sono le due braccia della Croce, che venendo assorbite in un unico contesto, cioè la Croce stessa, appaiono non più antitetici, bensì complementari fra loro.



IL QUADRATO




Figura geometrica con quattro lati.
La struttura quadrangolare rappresenta la squadratura della materia, ovvero la regolarizzazione di quanto per sua natura sarebbe rimasto informe e caotico.
Il Quadrato (come il Rettangolo o Quadrilungo, che ne costituisce una variante simbolica) è simbolo di definizione e di delimitazione.
Esso rappresenta il modello del recinto sacro (Tempio), fondamento della congiunzione dei quattro simbolici punti cardinali, nonché sulla simmetria dei lati opposti.
Se il cerchio è perfetto, il Quadrato è giusto, tanto da essere stato adottato dai pitagorici quale simbolo della giustizia; rappresenta quindi la Legge, come normatività interiore, codice esteriore ed ordine concettuale.
Il Quadrato è il simbolo della terra, in opposizione al cielo, simboleggiato dal cerchio; ma è anche, ad un altro livello, il simbolo dell'universo creato (terra e cielo), in opposizione al non-creato e al creatore, quindi è l'antitesi del trascendente.
Il Quadrato è una figura antidinamica, ancorata sui quattro lati, rappresenta l'arresto o l'istante isolato.
Il Quadrato implica un’idea di stagnazione e di solidificazione e di stabilizzazione. Mentre il movimento scorrevole è circolare e rotondo (circonferenza), l'arresto e la stabilità sono associati a figure angolose, con linee dure e a sbalzi.
La simbologia del Quadrato e quella del numero quattro sono spesso associate.
I pitagorici facevano della tetraktys e anche del quadrato di quattro, cioè sedici, la base della loro dottrina.
In riferimento alla Tetractys pitagorica si osserva che il Quadrato è sempre dovunque considerato il numero della manifestazione Universale nel concetto del Quadrato Perfetto; la formula Pitagorica 1+2+3+4=10 è la circolatura del quadrante e l'inverso 10=1+2+3+4 esprime numericamente la divisione quaternaria del cerchio, cioè il problema ermetico della quadratura del cerchio concepibile come massima perfezione umana.
Il numero quattro è dunque, in certo modo, il numero della perfezione divina; più in generale, è il numero dello sviluppo completo della manifestazione, il simbolo del mondo stabilizzato.
Questo sviluppo si effettua, partendo dal centro immobile, secondo la croce nelle direzioni cardinali che, nel quadrato, è l'espressione dinamica del quattro.
La manifestazione solidificata viene espressa dal solo Quadrato, il cui sviluppo va di pari passo a quello delle civiltà sedentarie. Il cerchio simbolo dell'animazione, è d'altra parte la forma abituale dei santuari presso i popoli nomadi, mentre il Quadrato è la forma dei templi presso i popoli stanziali.
Le età del mondo, la vita umana e i mesi lunari sono ritmati sul numero quattro, mentre le quattro fasi del movimento ciclico vengono espresse dal cerchio.
Nell’antichità Platone considerava il Quadrato e il cerchio come assolutamente belli in sé; secondo il grande pensatore il quattro si riferisce alla materializzazione delle idee e il tre all'idea stessa: il secondo esprime le essenze e il primo i fenomeni, l'uno lo spirito e l'altro la materia.
Secondo Plutarco, i pitagorici affermavano che il Quadrato riuniva la potenza di Rhea, di Afrodite, di Demetra, di Hestia e di Hera: il Quadrato significa che Rhea, la madre degli dei, la fonte della durata, si manifestava attraverso le modificazioni dei quattro elementi simbolizzati da Afrodite, che era l'acqua generatrice, da Hestia, che era il fuoco, da Demetra che era la terra e da Hera che era l'aria.
Il Quadrato rappresenterà la sintesi degli elementi.
Come abbiamo detto sopra molti spazi sacri hanno una forma quadrangolare: altari, templi, città ed accampamenti militari. La forma quadrangolare viene adottata per delimitare numerosi luoghi come la piazza pubblica di Atene.
Spesso questo Quadrato è inscritto in un cerchio, sommità di una collina rotonda, come per gli accampamenti e per i templi oppure in fondo a un cerchio di colline, come per Roma.
Secondo la versione di Plutarco sulla fondazione di Roma essa venne insegnata a Romolo dagli Etruschi come nei misteri.
Si scavò dapprima una fossa rotonda, dove vennero gettate le offerte e che ricevette il nome di mund (cioè cosmo).
Il mundus era considerato il centro che collega la città al mondo degli spiriti, cosi come il cordone ombelicale collega il bambino alla madre. La città aveva una forma circolare, anche se Roma viene chiamata dagli antichi urbs quadrata e Plutarco stesso la chiama Roma quadrata, affermando inoltre che essa era al tempo stesso un cerchio e un quadrato.
Secondo una teoria la parola quadrata significa quadripartita, cioè la città circolare era divisa in quattro parti da due arterie, il cui punto di intersezione coincideva con il mundus.
Nella lingua dell'antico Egitto l'ideogramma che veniva usato per la parola città era un cerchio con due strade che si incrociavano disegnate all'interno. Va ricordato anche che nell'Oriente antico, presso i Babilonesi, il Quadrato veniva usato per indicare il totale di un conto ed esprimeva l'idea di riunire entro un limite, corrispondendo così a un limite terrestre.
Esso sembra un simbolo meno antico del cerchio e forse ne è una derivazione, in ogni modo cerchio e Quadrato esprimono un totale, ma il quadrato serve anche ad esprimere un'idea di limite.
Il cerchio e il Quadrato rappresentano i due aspetti fondamentali di Dio: l'unità è la manifestazione divina.
Il cerchio esprime il celeste, il Quadrato il terrestre, non in quanto opposto al celeste ma in quanto creato; nei rapporti fra il cerchio e il quadrato esiste una distinzione e una conciliazione: il cerchio sarà per il quadrato ciò che il cielo è per la terra e l'eternità per il tempo, ma il quadrato si inscrive in un cerchio vale a dire la terra è dipendente dal cielo.
Il Quadrato non è altro che la perfezione della sfera su un piano terrestre.
Per i cristiani il Cristo rappresenta l'umanità, egli verrà considerato come l'uomo quadrato per eccellenza.
L'uomo Quadrato, con le braccia tese ed i piedi giunti, indica i quattro punti cardinali e in essi troviamo riuniti il significato della croce e delle quattro dimensioni che esso implica.
Cristo pone la propria natura umana in seno alla natura divina e l'uomo Quadrato, tramite l'Incarnazione, si inserisce egli stesso nel cerchio.
In altri termini, l'umanità è collegata alla divinità, come il tempo all'eternità, il visibile all'invisibile e il terrestre al celeste.


IL SATOR



   



Il Sator è stato, inciso su una pietra esterna della chiesa di San Lorenzo a Rochemaure in Francia dall’eretico cataro l’albigese Qiroi, ma al tempo stesso è stampato su una Bibbia carolingia e dipinto in una cappella dell’Inquisizione in Spagna e in diversi edifici sacri medioevali francesi e inglesi. Campeggia su una moneta dell’Imperatore Massimiliano II ed è scolpito sul fondo di un’antica coppa d’argento trovata sull’isola scandinava di Gothand.
E’ conosciuto nell’Egitto del IV e del V secolo d.C., nella Cappadocia del IX secolo d.C. e in Mesopotamia (a Dura Europos fu trovato in ben cinque occasioni).
E’ presente in un manoscritto latino dell’882 conservato presso la Biblioteca Nazionale Francese; Paracelso lo considerava un talismano erotico; Girolamo Gordano nel suo "De rerum variegate" un rimedio contro la rabbia, e, infine per taluni, sembra contenere dotti riferimenti all'Apocalisse di San Giovanni.
Tale è la molteplicità dei luoghi e dei testi in cui ritorna il quadrato magico del Sator, che la sua interpretazione appare un vero rompicapo per archeologi, filologi e paleografi di tutto il mondo.

          

Il Sator è un’iscrizione in latino, che appaia come lapide o come graffito, apparentemente semplice ed elegante, composta di 5 parole ciascuna di 5 lettere che recita. SATOR AREPO TENET OPERA ROTAS. Ma il motto racchiude in sé molte particolarità. Innanzi tutto: la terza parola, TENET, è palindroma, ossia può essere letta in entrambi i sensi.
Inoltre se prendiamo la frase nella sua interezza anch’essa risulta sorprendentemente palindroma. Partendo dall’ultima parola: ROTAS, letta al contrario risulta SATOR, come la prima. La penultima, OPERA, risulta AREPO, come la seconda, e così via. Non solo, se mettiamo le singole parole una sotto l’altra otteniamo un quadrato perfetto 5x5, su cui la frase può essere letta, da sinistra a destra e viceversa, dall’alto in basso e viceversa.
Questo viene propriamente detto: Quadrato magico.



I QUADRATI MAGICI



La storia dei quadrati magici è molto antica.
Sembra che gli antichi Cinesi conoscessero un unico quadrato di ordine 3, che chiamavano “Lo Shu”, al quale è associata una leggenda secondo la quale una disastrosa piena del fiume Lo, causata dall’ira dal dio del fiume contro la popolazione, ebbe fine solo dalla comparsa di una tartaruga con inciso sul guscio il triangolo magico, che stava ad indicare di fare sacrifici a 15 divinità.
La configurazione del "Lo Shu" era considerata simbolo di armonia e ispirava la pianta di templi e città, divisi in 3 × 3 settori.

Si narra che intorno al 2800 a.C. nell'antica Cina, ai tempi della dinastia Shang, l'imperatore Yu si accorse che una  tartaruga, dopo ogni inondazione del fiume "Lo" (affluente del fiume Giallo), passava con noncuranza al fianco del sacrificio offerto per il dio del fiume e poi tornava in acqua. L'imperatore notò sul guscio della tartaruga alcuni simboli che riuscì ad interpretare placando così la collera del fiume e le ripetute inondazioni.

Inoltre c'è questa altra versione della vicenda:

In un piccolo villaggio della Cina, situato lungo le rive del fiume "Lo", secoli e secoli fa, viveva un ragazzino ossuto dagli occhi vispi di nome. Il villaggio viveva di quel po' che la terra donava e che il fiume non inghiottiva durante i suoi straripamenti. Gli anziani, ormai da secoli, offrivano sacrifici al dio del fiume Lo Shu (il saggio del fiume Lo), nella speranza che questi contenesse le acque nel suo letto risparmiando i raccolti, ma, nonostante le offerte, il fiume ciclicamente straripava.
Il ragazzo aveva assistito per la prima volta alla forza distruttrice delle acque quando aveva all'incirca 8 anni e da allora, ogni qualvolta l'evento si ripeteva, aveva preso l'abitudine, ad acque ritirate, di percorrere in lungo le rive del fiume alla ricerca di resti del raccolto o comunque di qualcosa da portare al suo anziano nonno. Durante una delle sue passeggiate post-straripamento notò tra i resti "concessi" dal fiume qualcosa che si agitava; si avvicinò e vide uno strano animale che cercava di divincolarsi. Aveva una specie di "corazza" sul dorso nella quale nascondeva sicuramente una testa di cui lui, però, poteva scorgere solo due profondi occhi spaventati. Si fece coraggio e si avvicinò quel tanto che gli permettesse di liberare una delle quattro zampe da un intrecciato arbusto. L'animale, libero, si fermò qualche secondo, poi, timidamente cominciò ad estrarre quella che doveva essere la testa, girò lentamente il collo in direzione del ragazzo e per un attimo i loro occhi si incrociarono. All'improvviso diresse lo sguardo verso il fiume e lentamente, molto lentamente, cominciò a muoversi verso l'acqua. Non si girò più. Intanto il ragazzo guardava l'animale incedere con quell'andatura quasi immobile, fino a vederlo sparire tra gli spruzzi verdastri del fiume.
Raccontò l'accaduto all'anziano nonno che, dalla descrizione fatta, riconobbe subito quella che doveva essere stata una tartaruga. "E' un animale sacro che porta buoni auspici a chi ha la fortuna di incontrarlo", disse il vecchio con voce sommessa.
Quella notte il ragazzo non riuscì a dormire, aveva fissa davanti agli occhi l'immagine dell'animale e in particolar modo il suo dorso. Non aveva mai visto nulla di simile.
Trascorse circa un anno e nuovamente il fiume straripò. Nonostante fosse passato del tempo, il ragazzo non aveva dimenticato nè l'animale, nè il suo strano guscio. Corse al fiume nella speranza di rivedere la tartaruga e lei era lì, ferma, sembrava lo stesse aspettando. La testa dell'animale era completamente fuori dalla guscio e si ergeva fieramente dritta all'estremità di un collo rugoso. Guardava verso il ragazzo che nel frattempo, un po' intimorito, gli andava incontro. I due vennero a contatto e la tartaruga acconsentì a farsi accarezzare. Erano lì, insieme, come due vecchi amici ed ognuno godeva della compagnia dell'altro. Durante quei minuti, il ragazzo notò che il dorso della tartaruga, che tanto lo aveva colpito la prima volta, era cambiato, c'era qualcosa di diverso.
Delle macchie a forma quasi circolare si ripetevano in modo confuso, ma tra loro, erano comunque molto simili.
Era giunto il momento di separarsi, la tartaruga cominciò a guardare verso il fiume, il ragazzo capì e la lasciò andare. Ancora una volta sparì tra le acque.
"Nonno. E' tornata", gridò il ragazzo rientrando a casa. Riferì di quelle strane macchie confuse, del fatto che non c'erano la prima volta, ne era sicuro. L'anziano  cominciò a pensare che forse quelle macchie potessero essere un segno, un messaggio,  e che la stessa tartaruga, che il suo ragazzo aveva incontrato, poteva essere una viva manifestazione del dio del fiume, Lo Shu.
"Io credo che il fiume stia cercando di dirti qualcosa. La prossima volta verrò con te".
Non dovettero aspettare molto. Infatti, dopo un altro anno circa, nuovamente le acque del fiume strariparono, distrussero il raccolto e poi si ritirarono. Nonno e nipote si diressero sulle rive e la tartaruga era nuovamente lì ad aspettare il suo giovane amico. Si avvicinò per primo il ragazzo e, mentre questi accarezzava dolcemente la testa dell'animale, pian piano anche l'anziano arrivò nei pressi. Si tenne a distanza sufficiente per poter vedere bene il dorso della tartaruga ed incise su un pezzo di corteccia una riproduzione di quelle strane macchie. Dopo qualche minuto, la tartaruga tornò alle sue acque.
Quella sera, nel villaggio, soprattutto tra gli anziani, la tensione si fece palpabile e le discussioni in cerca di una spiegazione furono numerose, ognuno avanzava ipotesi e formulava congetture cercando di comprendere il messaggio nascosto di quelle strane macchie circolari che sembravano poste in modo caotico e senza alcun senso. Continuò così per diverse lune. Il ragazzo, nel frattempo, fremeva dalla curiosità; perchè era così importante per gli anziani riuscire ad interpretare le macchie sul guscio della sua amica tartaruga?
Ricordava molto bene quello che aveva visto e lo riprodusse sul vecchio tavolo della cucina, ma al contrario del nonno, che sulla sua corteccia aveva inciso solo le macchie, cominciò col tracciare alcune linee che sembravano dividere il dorso corazzato dell'animale. Dopo le linee, che si intrecciavano suddividendo la superficie in diversi spazi, cominciò a disegnare le macchie cercando di posizionarle così come ricordava. Ne venne fuori una riproduzione abbastanza somigliante dell'animale e del suo guscio tanto discusso (figura sottostante).


Tartaruga con lo schema "Lo Shu" del quadrato magico

Nel disegnare le macchie aveva notato che potevano essere approssimate tutte ad un unico oggetto di forma circolare e che somigliavano molto alle lisce pietre del fiume, proprio quelle che teneva nel suo sacchetto di pelle di capra e con cui spesso giocava insieme ad i suoi amici. Pensò così di fare un gioco: posizionare su di ogni macchia una delle sue "preziose" pietre. Per questo gioco era necessaria una certa destrezza e soprattutto una mano ben ferma perchè le pietre, rotonde e lisce, tendevano a rotolare e a non rispettare la posizione assegnata. Con un po' di pazienza ed una sana determinazione, finalmente riuscì a posizionarle tutte. Fiero, guardò il suo "capolavoro". Poi, rovistando nel suo sacchetto notò che gli erano rimaste solo 5 pietre e pensò di essere stato fortunato ad averne avute in numero sufficiente per completare il gioco. Non ricordava però quale fosse la quantità che aveva sempre avuto nel sacchetto, così decise di contarle, ma, non volendo spostare le pietre posizionate sulle macchie, cominciò il conteggio indicando con il dito, senza toccare:
(yī), (èr), (sān), (sì), (w) ... , ma ogni volta perdeva il segno e doveva ricominciare. Le pietre erano molte, troppe e tutte insieme. Come fare?
Girando intorno al tavolo, cercava di trovare la posizione che gli permettesse la visuale migliore, quella da cui poteva vedere bene tutte le pietre in modo da non perderne il conto. Dopo qualche giro notò che le linee che aveva disegnato, intersecandosi, creavano degli spazi ben definiti e che in ognuno di essi c'era una certa quantità di pietre.
Pensò: "Invece di contarle tutte insieme potrei contarle a gruppi, così come sono posizionate negli spazi, mi segno le diverse quantità ed alla fine posso calcolare la somma completa".
Era in gamba il ragazzo e soprattutto, grazie agli insegnamenti del nonno, sapeva contare. Per lui contare le cose era una forma di gioco che spesso faceva, soprattutto durante le interminabili giornate di pioggia che lo costringevano a rimanere da solo in casa; si divertiva nel farlo.
Disegnò nuove linee uguali a quelle del suo gioco-tartaruga, contò le quantità nei diversi spazi e segnò tutto nella nuova "scacchiera". Per facilitare la somma finale, diligentemente, incise anche alcune somme parziali.
Questo fu il risultato:

         
Figura 1                                              Figura 2                                           Figura 3


Nell'appuntare le somme parziali delle pietre contate, notò che queste si ripetevano. Aveva calcolato i parziali degli oggetti che si trovavano sulla stessa linea orizzontale: tre parziali tutti con risultato uguale a 15 (figura 1).
"Strano" pensò. Rifece i suoi conti, ma non erano errati, no, i risultati era corretti. Provò allora a ripetere la stessa operazione, ma questa volta sommando le pietre che si trovavano lungo la stessa linea verticale. I risultati non erano cambiati: tre parziali tutti con risultato uguale a 15. Spalancò la bocca e rimase in quello stato per alcuni minuti. Sbalorditivo! Qualunque linea tracciata lui seguisse nel calcolare le somme di tre gruppi di pietre, magicamente, appariva quel 15. Non poteva essere una coincidenza. Incise tutti i diversi parziali calcolati sulla nuova scacchiera (Figura 2) e corse a chiamare il nonno. Entrati in casa, nonno ed anziani, si trovarono di fronte alle incisioni del ragazzo e quello che si presentò ai loro occhi era più o meno la figura 2. Gli anziani capirono subito che quello che avevano davanti era la risposta alle loro domande:
Lo Shu aveva parlato ed il numero 15 era la chiave del messaggio. Il dio del fiume gli stava dicendo che il 15 doveva essere il numero di sacrifici animali necessario per placare la sua collera. Questo sembrava essere il "desiderio" del saggio fiume e loro avrebbero dovuto esaudirlo.
Il nonno diede un bacio in fronte al ragazzo ed, insieme agli altri anziani, cominciò i preparativi per la cerimonia sacrificale. A quel punto il ragazzo scoppiò in lacrime. "State sbagliando tutto, non è questo quello che vuole Lo Shu", gridò verso gli anziani. "Lo Shu non vuole i vostri sacrifici, i vostri animali legati e lasciati lì a morire; per questo si è adirato, non per altro. L'ho visto nei suoi occhi quando la sua zampa era rimasta intrappolata dagli arbusti. Lui, con le sue acque ci dà la vita, non vuole morti inutili e stupide. Ci sta dicendo che Lui è un fiume e come tale, vuole potersi "gonfiare e "ritirare" a suo piacimento, senza doversi preoccupare dei nostri raccolti. Ci sta dicendo di proteggerli i nostri raccolti e di non dare a lui la responsabilità delle distruzioni, ma alla nostra testardaggine ed ignoranza, al nostro poco rispetto del suo essere Fiume. Ci consiglia di ergere, a protezione delle coltivazioni, difese alte, nell'ordine di 15 unità. Questo è il suo messaggio".
Alcuni anziani cominciarono ad inveire contro il ragazzo, allora il nonno cominciò ad agitare minacciosamente il suo vecchio bastone verso di loro e ... "Guai a voi", tuonò. "Lo Shu ha parlato e lo ha fatto al ragazzo, non a noi. A lui ha permesso di essere avvicinato, a lui ha dato il messaggio, a lui ha permesso di interpretarlo. Faremo quello che il figlio del fiume ci dice".
L'argine fu eretto, di 15 unità, così come Lo Shu, la saggia tartaruga del fiume, aveva calcolato.
Il fiume continuò a "gonfiarsi", ma gli straripamenti avvenivano solo dove l'argine non era stato eretto, dove non c'erano coltivazioni o abitazioni, dove la forza dello Lo shu poteva liberarsi e scaricarsi come la sua natura esigeva. Da allora il villaggio potè godere dei frutti delle coltivazioni e nessun animale venne più sacrificato. Cominciò una nuova epoca, ricca e felice. E il ragazzo? Il figlio del fiume fu celebrato come meritava e ovunque fu incisa la sua effige, quella scacchiera magica che aveva salvato gli abitanti del villaggio.
Il ragazzo era felice, molto felice, soprattutto perchè finalmente era riuscito a risalire alla quantità delle sue "preziose" pietre. E sì, perchè la magia del suo quadrato, la scoperta di quella costante (15), l'importanza di quell'interpretazione, lo avevano "allontanato" dal problema originario: "Quante pietre erano presenti nel sacchetto prima di cominciare a giocare con la scacchiera?". L'emozione della scoperta lo aveva "interrotto" nel suo conteggio globale.
"Allora, 3 parziali da 15 fanno un totale di 45 pietre sul tavolo, più 5 rimaste nel sacchetto...= 50,  avevo 50 pietre", questo fu il calcolo che fece.
"Cavolo, un numero che si ripete anche in condizioni diverse, 15, un sacchetto che torna indietro nel tempo e ti dice che conteneva 50 pietre. Questa si che è Magia! La magia dei Numeri".    
Chiamò la sua scacchiera, il suo gioco-tartaruga, Quadrato Magico, Lo Shu.
La figura 3 potrebbe esserne la riproduzione con le cifre indo-arabe, a noi, sicuramente più familiari.

         


Su questo Quadrato si basa il “KI DELLE 9 STELLE”, ossia la Numerologia Cinese, spiegata in un altro articolo.

I quadrati magici erano noti anche in India e in Persia, e giunsero in Europa relativamente tardi, attraverso la mediazione araba; il grande matematico Thābit ibn Qurra, attivo a Baghdad, ne parlò all’inizio del IX secolo.

Una lista di quadrati magici di ordine da 3 a 9 fu fornita intorno al 990 nelle “Rasa`il”, un repertorio di epistole di carattere enciclopedico e ispirazione neoplatonica compilato da un gruppo di eruditi arabi di Bassora noto con il nome di "Ikhwan al-safa" (“fratelli di purità”). Il luogo di trasmissione dal mondo arabo all’Europa sembra essere stato la Spagna, visto che il filosofo ed astrologo ebreo Abraham ben Meir ibn Ezra (ca. 1090-1167), che visse a Granada e tradusse molte opere dall’arabo in ebraico, ne parla nelle sue opere di numerologia. Egli viaggiò molto in Italia, e potrebbe essere stato uno dei primi pionieri dell’introduzione dei quadrati magici in Europa.

Il primo riferimento ai quadrati magici nel mondo bizantino lo ha fornito il retore e grammatico Manuel Moschopoulos che compilò un trattatello su di essi intorno al 1315, ma pare che l’influenza nella sua epoca sia stata minima, poiché l’opera andò persa e fu ritrovata a Parigi e tradotta dal geometra francese Philippe de la Hire solo all’inizio del Settecento. L’opera di Moschopoulos è importante perché per la prima volta sono esposti alcuni metodi per la costruzione dei quadrati magici di ordine dispari e di ordine pari purché multiplo di 4.

Alcuni cenni ai quadrati magici si trovano nel manoscritto numero 2433, in lingua greca, datato giugno-agosto 1339 e conservato alla Biblioteca Universitaria di Bologna, che contiene i quadrati di ordine 6 e di ordine 9 (quadrati del Sole e della Luna).

     
Quadrati magici del Sole e della Luna, nel monoscritto 2433 del giugno-agosto 1339


La vera riscoperta dei quadrati magici in Europa è avvenuta però nel Quattrocento, con la nascita in Italia del Neoplatonismo rinascimentale.
La caduta dell’Impero d’Oriente nel 1452 portò all’arrivo delle opere di Platone e dei neoplatonici, nuovamente rivelate all’Occidente tramite i manoscritti greci portati da Bisanzio.
Il neoplatonismo rinascimentale ebbe il suo centro a Firenze, di cui il suo più alto esponente fu Marsilio Ficino, e si trattò di un aggregato di dottrine platoniche, neoplatoniche e di altri occultismi filosofici arcaici, come il Corpus Hermeticum attribuito al mitico Ermete Trismegisto, o l’Astrologia.


Hermes Trismegistus


A questo ermetismo si associò poco dopo l’assimilazione della Kabbalah e delle tecniche numerologiche e combinatorie del misticismo ebraico, che vennero introdotte nella sintesi rinascimentale da Giovanni Pico della Mirandola, sinceramente convinto della possibile convivenza delle sue idee con il cristianesimo.
La cacciata degli ebrei dalla Spagna nel 1492 diede poi nuovo vigore agli studi cabalistici in tutta Europa; nacque così la figura del mago rinascimentale, una figura d'elevata dignità, dotata di poteri d’intervento sul mondo mediante la conoscenza di saperi occulti derivanti dall’antico passato.

Le correnti numerologiche sfociarono in una rinascita degli studi matematici, persino in persone lontane da tentazioni occultistiche, come il frate molto concreto Luca Pacioli, che tuttavia chiamò “divina” la proporzione fra due lunghezze disuguali, delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle due. Non sorprende pertanto che egli si sia occupato di quadrati magici, nel suo manoscritto del “De viribus quantitatis”, redatto prima del 1510, nei problemi 90-96 ha scritto: “De li numeri in forma quadrata disposti secondo lastronomi figure deli pianeti cioe ch’per lato et diametri sempre fanno tanto, dove 3 a 9. si trovano quelli di ordine da 3 a 9.
Si deve notare come il Pacioli abbia associato i diversi quadrati magici ai sette pianeti astrologici allora conosciuti, secondo una tradizione già iniziata prima del loro arrivo in Europa.

Un vero e proprio mago rinascimentale è stato invece il medico, algebrista, inventore e astrologo milanese Girolamo Cardano, a dimostrazione della grande influenza del pensiero magico sugli intellettuali del tempo.

            
Hieronymus Cardanus (1501-1576)         -       Heinrich Cornelius Agrippa (1486-1535)


Il movimento di pensiero maturato in Italia si diffuse oltre le Alpi, soprattutto tra coloro che avevano avuto modo di soggiornare nel nostro paese. Tra di essi vi fu l’avventuroso intellettuale e mago Cornelio Agrippa di Nettesheim (1486-1535). La sua opera più celebre, il "De Occulta Philosophia", che circolò in manoscritto a partire dal 1510, è una vera e propria summa delle conoscenze indispensabili al mago rinascimentale, fortemente influenzata dal neoplatonismo, dall’Astrologia e dalla Kabbalah. L’opera fu scritta con la revisione del dotto abate Tritemio (Johann Heidenberg), poliglotta, esoterista e crittografo, del quale era stato allievo. Per Agrippa, la matematica è arte magica per eccellenza:
"Così, quando un mago è versato nella filosofia naturale e nella matematica e conosce le scienze che ne derivano, l’aritmetica, la musica, la geometria, l’ottica, l’astronomia e quelle che si esercitano a mezzo di pesi, di misure, di proporzioni, di giunzioni, nonché la meccanica, che è la risultante di tutte queste discipline, può compiere cose meravigliose che stupiscono gli uomini più colti".

Tuttavia nel manoscritto del 1510 non compaiono i quadrati magici, che saranno inseriti solo più tardi, nel lungo periodo di revisione dell’opera che precedette l’edizione a stampa del 1533. Nel frattempo Agrippa aveva viaggiato molto, in Inghilterra, in Francia, nei Paesi Bassi e in Italia, dove studiò la tradizione ermetica e la Kabbalah con maestri che si consideravano eredi di Ficino e di Pico.
E’ assai probabile che Agrippa e Pacioli si siano incontrati a Bologna nel 1507, durante il primo viaggio in Italia del tedesco. Non è escluso che da questi contatti possa aver maturato la scelta di inserire i quadrati magici nell’opera a stampa.

Nell’edizione del 1533 i quadrati magici compaiono nel secondo libro, dedicato alla magia celeste, cioè al potere delle stelle e dei pianeti.
Secondo Cornelio Agrippa il quadrato magico di ordine 1 simboleggia l'unità e l'eternità, il quadrato magico di ordine 2 non esiste e pertanto indica l'imperfezione dei quattro Elementi, mentre i sette quadrati magici degli ordini da 3 a 9 rappresentano i sette pianeti allora conosciuti; la numerazione è stata assegnata rispettando l'ordine della sequenza planetaria nel sistema magico caldeo. Di ogni quadrato magico, Agrippa ha fornito la descrizione in chiave planetaria, secondo il seguente schema:

Ordine 3: quadrato di Saturno
Ordine 4: quadrato di Giove
Ordine 5: quadrato di Marte
Ordine 6: quadrato del Sole
Ordine 7: quadrato di Venere
Ordine 8: quadrato di Mercurio
Ordine 9: quadrato della Luna.


Ecco ad esempio la descrizione della tavola contenente il quadrato del Sole (n = 6, M = 111):



Durante il Rinascimento fu forte il connubio con l'Arte e numerosi artisti inserirono nelle loro opere quadrati magici di ordine diverso; incisioni o rappresentazioni su tela a cui i quadrati davano un alone di simbolismo e misticismo, rendendo l'opera stessa un enigma da decifrare.

In un Quadrato magico, un insieme di numeri interi positivi è disposto in modo che la somma dei numeri contenuti in qualsiasi riga o colonna o diagonale sia sempre la medesima.




In un vero quadrato magico i numeri sono tutti diversi e consecutivi: per esempio, in un quadrato magico con tre righe e tre colonne, devono essere contenuti tutti i numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9.
Si noti poi che la disposizione dei numeri non è unica, ad esempio:

4 9 2          6 1 8          2 7 6          8 3 4
3 5 7          7 5 3          9 5 1          1 5 9
8 1 6          2 9 4          4 3 8          6 7 2


Il numero N di righe o colonne di un quadrato magico viene chiamato “ordine”, mentre la somma costante S di qualsiasi riga o colonna o diagonale, viene chiamata “costante magica”.

Gli esempi sopra citati sono quadrati magici di ordine 3 e costante magica 15:
Nel primo esempio a sinistra abbiamo:

Righe:

4 + 9 + 2  =  15
3 + 5 + 7  =  15
8 + 1 + 6  =  15

Colonne:

4 + 3 + 8  =  15
9 + 5 + 1  =  15
2 + 7 + 6  =  15

Diagonali:

4 + 5 + 6  =  15
2 + 5 + 8  =  15


Dato l’ordine N di un quadrato magico, la costante magica S si può ricavare con la formula:

S  =  [N x (N² + 1)] / 2

Per esempio, nel caso di ordine 3, abbiamo:

S  =  [3 x (3² + 1)] / 2  =  [3 x (9 + 1)] / 2  =  (3 x 10) / 2  =  30 / 2  =  15.

Un esempio di quadrato magico di ordine 4 e, quindi, di costante magica 34, è il seguente:

9      6      3      16
4     15    10     5
14     1      8      11
7     12    13     2



I QUADRATI MAGICI DI FRANKLIN



Benjamin Franklin (1706–1790) è stato un genio poliedrico ed uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti, dove svolse l'attività di scrittore, giornalista, autore, pubblicista, editore, tipografo, attivista diplomatico, scienziato e politico. Fu tra i protagonisti della Rivoluzione americana e diede contributi importanti allo studio dell'elettricità, come appassionato di meteorologia e anatomia. Inventò il parafulmine, le lenti bifocali, l'armonica a bicchieri e un modello di stufa-caminetto noto nel mondo anglosassone come stufa Franklin. Inoltre propose l'instaurazione dell'ora legale. Per la sua notorietà e la multiforme attività, gli viene attribuita l'invenzione di diversi altri dispositivi che in realtà semplicemente utilizzò, portandoli alla pubblica attenzione, o migliorò, come l'odometro. Contribuì sia alla creazione della prima biblioteca pubblica statunitense che del primo dipartimento di vigili del fuoco volontari della Pennsylvania.
Franklin è stato l'incarnazione dello spirito illuminista e incarnazione del self-made man in quanto intellettuale autodidatta, si guadagnò il titolo di "Primo Americano" per la sua infaticabile campagna per l'unità delle tredici colonie originarie.

Franklin si divertiva con la Matematica. Da giovane segretario della Pennsylvania si annoiava durante i dibattiti e spesso venne colto mentre costruiva quelli che chiamava i suoi quadrati magici. In una lettera pubblicata nel 1769, commentando un libro sui quadrati magici, scrisse:
"Quando ero più giovane mi sono divertito ad inventare questo tipo di quadrati magici e, alla lunga, avevo acquisito una tale abilità, da poter riempire con una serie di numeri le celle di qualsiasi quadrato di grandezza ragionevole, con la stessa velocità con cui riuscivo a scriverli..."
Questa affermazione è già abbastanza forte ma, non contento, aggiungeva:
"... Non bastandomi questi, che mi parevano facili e banali, mi ero dato compiti più difficili ed ero riuscito a realizzare altri quadrati magici, con una varietà di proprietà che li rendevano molto più curiosi".
E, a quel punto, preparato il suo pubblico, spiattellava sul tavolo il suo quadrato magico più famoso (figura 19).  
Effettivamente questo suo quadrato 8x8, non solo è pieno di proprietà curiose e "magiche",  ma testimonia, secondo Franklin (vedremo che non è proprio così), uno dei suoi miglioramenti alla teoria ed alle regole sui quadrati magici:
la diagonale spezzata.
In pratica, la costante magica 260 del quadrato di ordine 8, è anche la somma dei numeri presi iniziando una diagonale, arrivando al centro e poi tornando indietro lungo l'altra diagonale (quadrati grigi figura 19).


Figura 19


Il quadrato di Franklin è un quadrato magico imperfetto di ordine 8 (8x8) con costante magica M(n) uguale a 260.
E' un quadrato imperfetto in quanto la somma delle due diagonali è 228 per la prima e 292 per la seconda, poichè Franklin ha sacrificato le diagonali intere in favore delle mezze diagonali, ciò nonostante, il suo quadrato ha tali e tante di quelle proprietà che in molti, anche matematici famosi hanno cercato di scoprirle tutte, soprattutto si sono sfidati nel cercare di capire se Franklin avesse adottato un algoritmo logico per la costruzione del suo quadrato. Un metodo, non semplicissimo.

Ecco alcuni esempi delle numerose proprietà di questo quadrato magico:

     

     

     

    

    

    

    

    



Si rimane davvero affascinati nel cogliere proprietà e schemi di questo quadrato magico, e Franklin probabilmente approfittava di questa "magia" per ammaliare i suoi interlocutori ed esaltare le sue doti di "mate-mago", sicuramente notevoli.
Franklin ha inventato un altro quadrato intorno ai quarant'anni. In una sola sera compose un incredibile quadrato 16 x 16 che, a suo dire, era "
il più magicamente magico di tutti i quadrati magici mai realizzati da un mago" (figura 20).



Figura 20



Ai quadrati di Franklin non vengono attribuiti messaggi esoterici particolari o simbolismi culturali o religiosi di vario genere. Forse per la prima volta queste griglie numeriche assumono il loro corretto valore; si tende ad esaltare le capacità di chi, in qualche modo, riesce a completarli o ad inventarne di nuovi. E' l'abilità logico-matematica che stupisce ed interroga molti e, come nel caso del quadrato "magicamente magico"  16x16, molti studiosi passarono notti insonni a cercar di comprendere come fosse possibile costruire e creare una tale "perfezione". Divenne un vero e proprio "rompicapo" da risolvere, anche grazie alle sue pubblicazioni su giornali importanti dell'epoca, che gli diedero notorietà e spianarono la strada verso quella che in qualche modo, più tardi, verrà definita "Matematica ricreativa".
Si tratta di un quadrato magico imperfetto di ordine 16 (16x16) con costante magica M(n) uguale a 2056.
E' un quadrato imperfetto in quanto la somma delle due diagonali è 1928 per la prima e 2184 per la seconda. Anche qui Franklin ha sacrificato le diagonali intere in favore delle mezze diagonali.



LA SEZIONE AUREA


Il significato originale di “Sezione aurea” indica un particolare modo di dividere in due parti un segmento ed è noto anche come "Numero Aureo" corrispondente al numero 1,61803398874989.

Questo numero “magico” era conosciuto fin dall’antichità ed è certo che lo conoscessero Pitagora ed i suoi discepoli, che lo chiamavano “Proporzione Divina”.
Essi lo ricavavano con un procedimento che corrisponde all’attuale soluzione dell’equazione di secondo grado:  x² – x – 1 = 0
Nella civiltà Greca troviamo l’uso della "sezione aurea" nel Partenone di Atene, nel tempio di Atena a Paestum, nelle statue di Fidia, solo per citare le opere più note.
Troviamo poi la sezione aurea nel famoso “Uomo Vitruviano” di Leonardo da Vinci e nella Venere del Botticelli.
I costruttori delle Cattedrali Medioevali usavano costantemente la sezione aurea nella progettazione e creazione dei loro templi sacri.

Anche la natura sembra prediligere i numeri di Fibonacci, infatti il rapporto tra l’altezza di un essere umano e l’altezza da terra dell’ombelico è la "sezione aurea", così come il rapporto tra il braccio e l’avambraccio.
Troviamo questi numeri ad esempio anche nella fillotassi (ordinamento delle foglie su un gambo) e nel girasole.




Consideriamo un segmento AC. Sia B un punto tale che il segmento AB sia medio proporzionale tra AC e BC, cioè:

AC : AB = AB : BC

Indicando con L la lunghezza del segmento AC e con X la lunghezza del segmento AB, avremo:

L : X = X : (L – X)

Poichè il prodotto dei medi è uguale al prodotto degli estremi, risulterà:

X² = L(L – X)

X² = L² – LX

X² + LX – L² = 0

Questa è una semplice equazione di secondo grado nell’incognita X, che risolviamo con la formula risolutiva:

X = [- L +/- √(L² + 4L²)] / 2

X = [- L +/- √(5L²)] / 2

X = [- L +/- L√(5)] / 2

X = L [-1 +/- √5] / 2

Scartando la radice negativa, che in geometria non ha senso, avremo:

X = L (√5 – 1) / 2

Il rapporto X / L sarà dunque:

X / L = (√5 – 1) / 2 = 0,61803398874989…..

Il rapporto L / X sarà invece:

L / X = 2 / (√5 – 1)

Razionalizziamo questa espressione:

L / X = 2(√5 + 1) / [(√5 – 1)(√5 + 1)]

L / X = 2(√5 + 1) / (5 – 1)

L / X = 2(√5 + 1) / 4

L / X = (√5 + 1) / 2 = 1,61803398874989…..

Quest’ultimo numero è il “Numero d’oro”. Esso è un numero irrazionale (cioè non rappresentabile come frazione di numeri interi) e gode, come abbiamo visto, della notevole proprietà che la sua parte decimale è uguale a quella del suo inverso. Spesso con il termine “sezione aurea” si intende non solo il modo di dividere un segmento che abbiamo illustrato, ma proprio il numero d’oro:

(√5 + 1) / 2 = 1,61803398874989…..

Si noti che anche il rapporto AB / BC = X / (L – X) ha lo stesso valore.
Sempre in riferimento al segmento della figura iniziale, se costruiamo un rettangolo di base AB ed altezza BC, otteniamo il cosiddetto rettangolo aureo dalle particolari proporzioni armoniche, usato fin dall’antichità classica, in architettura, scultura e pittura.
Ritroviamo il numero d’oro anche nel pentagono regolare, il poligono con 5 lati uguali, come rapporto tra una qualsiasi diagonale ed il lato.
Ma l’aspetto più affascinante di questo numero è collegato con i numeri della successione di Fibonacci:

1 1 2 3 5 8 13 21 34 55 89 144 233 377 610 987 1597 2584 4181 6765 …….

I primi due termini della successione sono 1 ed 1. Tutti gli altri termini sono la somma dei due termini che li precedono:

F1 = 1
F2 = 1
F3 = 1 + 1 = 2
F4 = 2 + 1 = 3
F5 = 3 + 2 = 5
F6 = 5 + 3 = 8
F7 = 8 + 5 = 13
F8 = 13 + 8 = 21
F9 = 21 + 13 = 34

ed in generale:

F(n) = F(n-2) + F(n-1)

Una proprietà notevolissima di questi numeri è che il rapporto tra un numero di Fibonacci e quello immediatamente precedente si avvicina sempre di più al numero 1,61803398874989….. cioè al numero d’oro.
Questa approssimazione avviene una volta per difetto ed una per eccesso.

Ad esempio:

987 / 610 = 1,618032787

1597 / 987 = 1,618034448

2584 / 1597 = 1,618033813

4181 / 2584 = 1,618034056

6765 / 4181 = 1,618033963

Dunque, per "n" tendente all’infinito: F(n) / F(n-1) = 1,61803398874989…..
Possiamo quindi costruire il segmento della figura semplicemente usando numeri di Fibonacci. In tal modo le proprietà precedentemente descritte sono molto più facilmente verificate.
Per esempio potremmo usare i valori:

AB = 34 ; BC = 21 ; AC = 55

Anche se sarebbe opportuno usare numeri di Fibonacci molto più grandi.
Ma la stretta relazione tra il numero d’oro, il numero 5 (che è anche il numero dei lati del pentagono) ed i numeri di Fibonacci, la ritroviamo nella meravigliosa formula di Binet che ci da l’n-simo numero di Fibonacci:




E’ veramente sorprendente costatare come questa formula, che contiene addirittura termini irrazionali, possa generare, al variare di "n", solo numeri interi.
Con questa formula si può calcolare l’n-simo numero di Fibonacci senza conoscere i termini precedenti, cioè evitando il lungo procedimento iterativo che abbiamo illustrato precedentemente.



LA SUCCESSIONE DI FIBONACCI


La successione di Fibonacci fu studiata per la prima volta nel 1200 dal matematico Leonardo da Pisa, detto Fibonacci (filius Bonacci).
Il padre era un facoltoso commerciante ed egli soggiornò a lungo in Algeria con il padre dove ebbe molti contatti con i matematici arabi.

Per costruire la "Successione di Fibonacci", si pongono i primi due termini f1 = 1 ed f2 =1. Ogni termine successivo sarà la somma dei due termini che lo precedono, così f3 = 2, f4 = 3, f5 = 5, f6 = 8 e così via.

I primi numeri di Fibonacci saranno:
1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377, 610, 987, 1597, 2584, 4181, 6765, …….

Una proprietà notevolissima di questi numeri, è che il rapporto f(n+1)/fn, al crescere di "n" tende al numero 1,61803398874989. Questo numero è chiamato la "sezione aurea" ed il suo valore è:
(il simbolo sqr(.) indica la radice quadrata)
(1 + sqr(5))/2 = 1,61803398…..

Ad esempio f31/f30 = 1346269/832040 = 1,618033989





I NUMERI DI FIBONACCI E LA SEZIONE AUREA


Fibonacci (filius Bonacci) visse tra il 1170 ed il 1250, ed era figlio dell’addetto alla dogana di Bogia, in Algeria, dove i Pisani intrattenevano fiorenti traffici commerciali.  
In quella città ebbe frequenti contatti con i matematici mussulmani e completò le sue conoscenze matematiche.
Molti furono i suoi contributi al progresso di questa scienza, ma il suo nome è essenzialmente legato alla famosa successione di numeri che porta il suo nome. La sua opera principale fu il "Liber Abaci".
Egli ebbe anche frequenti contatti epistolari con l’imperatore Federico II.

Ecco la famosa "Successione" ed i suoi termini vengono chiamati appunto “Numeri di Fibonacci”:

1, 1,  2, 3,  5,  8,  13,  21,  34,  55,  89,  144,  233,  377,  610,  987,  1597,  2584,  4181,  6765, …….

I primi due termini della successione sono 1  ed 1. Tutti gli altri termini sono la somma dei due termini che li precedono:
F1 = 1
F2 = 1
F3 = 1 + 1      = 2
F4 = 2 + 1      = 3
F5 = 3 + 2      = 5
F6 = 5 + 3      = 8
F7 = 8 + 5      = 13
F8 = 13 + 8    = 21
F9 = 21 + 13  = 34
………………………..
ed in generale:
F(n) = F(n-2) + F(n-1)

Una proprietà notevolissima di questi numeri è che il rapporto tra un numero di Fibonacci e quello immediatamente precedente si avvicina sempre di più al numero  1,61803398874989…..
Questo numero è la famosa "Sezione Aurea" (o Numero Aureo) ed il suo valore corrisponde all’espressione:

1 + radice quadrata di 5
—————————————   = 1,61803398874989…..
2

Ad esempio:
377
—— = 1,618025751
233
610
—— = 1,618037135
377
987
—— = 1,618032787
610

Dunque, per “n” tendente all’infinito:  F(n)/F(n-1) = 1,61803398874989…..



SEZIONE AUREA E MUSICA



La Musica presenta numerosi legami con la Matematica e si ritiene che vi svolga un ruolo centrale la Sezione Aurea.

Nel pianoforte per esempio, particolare rilievo viene dato alla struttura della tastiera, in special modo con parallelismi fra i numeri di questa e quelli di Fibonacci.
I 13 tasti delle ottave, distinti in 8 bianchi e 5 neri, a loro volta divisi in gruppi da 2 e 3 tasti ciascuno: 2, 3, 5, 8, 13 appartengono infatti alla successione di Fibonacci.

In passato si è fatto notare, che molti degli intervalli musicali “naturali” sarebbero riducibili a frazioni in termini di numeri di Fibonacci (una “sesta maggiore” di “La” e “Do” 5/3, una “sesta minore” di “Do” e “Mi” 8/5…………
Beethoven, nelle “33 variazioni sopra un valzer di Dabelli” suddivise la sua composizione in parti corrispondenti ai numeri di Fibonacci, il cui rapporto corrisponde al numero d’oro……..




Bibliografia


Enciclopedia delle matematiche elementari e complementi, L. Berzolari, HOEPLI, 1932
Matematica ricreativa, M. Cipolla, cap. LVII, punto IV, Edizioni HOEPLI, Milano 1971.
IL KI DELLE NOVE STELLE
, Steve Gagnè, John Mann - Macro Edizioni, Sarsina, 1989
IL MANUALE DELLA NUMEROLOGIA CINESE - Jean-Daniel Fermier - Hobby & Work Italiana Editrice, Bresso (MI), 1998
Il Quadrato Magico, Rino Cammilleri, Rizzoli, Milano 1999
Enigmi e giochi matematici, Martin Gardner, Edizioni BUR, 2001
Il meraviglioso mondo dei numeri, Alex Bellos, Edizioni EINAUDI, 2011
http://giuseppemerlino.wordpress.com Giuseppe Merlino
http://www.marcosroom.it Marco Cameriero

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