I MITI GRECI E ROMANI - SCIENZE ASTRATTE

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I MITI GRECI E ROMANI

COSMOGONIA E MITOLOGIA

I MITI GRECI E ROMANI
di Andrea Fontana
16 Gennaio 2014


LE ORIGINI

Dobbiamo distinguere il concetto di religiosità antica da quella più moderna e attuale.
I Greci e i Romani non pensavano di doversi conquistare un paradiso nell'aldilà, le pratiche religiose servivano solo a evitare eventi spiacevoli nel quotidiano attraverso i riti. Gli dèi non chiedevano amore e timore, ma solo offerte e riti o sacrifici di animali. Le leggi da rispettare equivalevano grosso modo a quelle civili, per cui ci si rivolgeva agli dèi per questioni sociali o personali da risolvere. A quelle sociali provvedeva lo stato, per una guerra da vincere, un'invasione da evitare, un pericolo da sventare. Quelle personali erano un do ut des, ti do una cosa e tu me ne dai un'altra, per cui un rito per una protezione, e a volte si chiedeva una grazia promettendo qualcosa alla divinità. Ma il voto si scioglieva solo se la divinità aveva compiuto il prodigio.

Anche nell'antichità si verificavano prodigi e miracoli, anzi erano più frequenti di oggi. Se si chiedeva una guarigione si offriva poi l'ex-voto, oppure se la divinità aveva assistito per una vittoria in guerra o per un affare andato bene, o per qualsiasi cosa richiesta, il devoto scioglieva il voto promesso.
Non c'era altro dovere nei confronti delle divinità se non rituali e sacrifici a scadenze determinate e non troppo impegnative. A Roma erano mal visti i bigotti, alle divinità si doveva tanto e non più. E gli dèi non chiedevano nulla di più. Lo stesso Orazio si fa beffe dell'esagerazione religiosa, che non fa parte del vero uomo pio.

Peraltro esistevano gli oracoli, le predizioni e la magia, quest'ultima piuttosto contrastata nelle sue forme più estese, mentre era tolleratissima  nelle forme popolari.
Scrive Sabbatucci:  "Sono le culture che  non riconoscono un' unica e inconfutabile fonte di sapere e potere non riconoscendo l’unico Dio dei monoteismi, il quale non può lasciare fuori controllo il vasto campo della elaborazione di saperi autonomi. Da ciò il rifiuto, nelle culture monoteistiche della divinazione, ma anche delle pratiche magiche." L'intolleranza religiosa nasce col monoteismo e la 'mono idea', cioè: "Solo il mio Dio esiste e solo ciò che penso io è vero."

La Grande Madre Mediterranea

Come in tutte le civiltà mediterranee il paleolitico e il neolitico furono dominate dal culto della Grande Madre Terra.

Ne fanno riscontro numerose dee, a cominciare dalla dea Dia, da cui prese il termine Dio, trasposto al maschile, che era un'antichissima divinità romana protettrice della fecondità della Terra, venerata in particolare dal collegio degli Arvalescol, nome di Bona Dea. Le cerimonie si svolgevano nel tempio della dea sito al quinto miglio della Via Campana, Roma. Come tutti i culti della Grande Madre aveva un aspetto misterico, segreto, riservato ai soli iniziati e uno pubblico.

Inoltre regnò la Mater Matuta, detta in alcune zone Mamma Mammosa, o Mammona, termine che dalla Chiesa Cristiana fu trasferito al demonio, interpretando le parole del Cristo: "Non puoi servire due padroni" tra Dio e il diavolo chiamato appunto Mammona, il termine popolare per indicare la Mater Matuta. Nel museo campano ve ne sono conservate numerosissime statue accimulate nei vari secoli.

Altra divinità primigenia fu Giunone, da Iuno Sospes Mater Regina, Giunone Salvatrice Madre Regina, divinità proveniente da Lanuvio. Il culto venne importato a Roma nel 338 a.C. quando venne concessa la cittadinanza ai Lanuvini. Il tempio a Giunone sospita nel Forum Olitorium venne costruito nel 194 a.C.

Il Grande Padre Mediterraneo

Con l'avvento del patriarcato subentrò una triade tutta maschile: Giove, Marte e Quirino.
A Iupiter Feretrius, protettore dei giuramenti, fu intitolato il santuario più antico della città, secondo Tito Livio fatto erigere da Romolo sul colle Capitolino.
Sul Capidoglio Giulio Cesare fece poi erigere lo stupendo tempio di Giove Capitolino Ottimo Maximo, i cui resti fanno intuire la grandiosità dell'edificio.
Altre divinità maschili arcaiche furono: Liber, Fauno, Giano, Saturno, Silvano, Robigus, Consus, Nettuno, Fons, e Vulcano.
Libero
, dio assimilato a Dioniso, cui si dedicava la festa Liberalia per l'assunzione della toga virile. Un tempo associato a Libera, dea della natura.
Fauno, un po' come l'ellenico Pan, Dio della natura, con corna e zoccoletti di capra, soppiantato in seguito con satiri e ninfe, e suonava lo zufolo nelle campagne. Non disdegnava mettere paura a contadini e pastori, ma senza cattiveria. Dalla chiesa cattolica l'immagine fu trasposta al demonio.
Giano era il dio bifronte e pure quadrifronte. Se ne conserva a Roma un Arco famoso dedicato a Giano quadrifronte; era il dio del primo e dell'ultimo dell'anno, dell'inizio e della fine, dei punti cardinali e quindi dell'ordine in generale. In realtà rubò gli attributi della dea Madre Cardea, di cui era lo sposo.
Saturno, padre di Giove, si divorava i figli, ma Rea sua moglie lo ingannò dandogli in pasto delle pietre coperte di fasce. Era il dio del Tempo e della morte, raffigurato come un vecchio dai capelli lunghi munito di falce. Trasposto dalla Chiesa cattolica su San Rocco, che in antiche icone è nudo con capelli bianchi che ricoprono interamente il suo corpo.
Silvano era barbuto e munito di un grande bastone di cipresso, dio dei boschi e delle foreste, aveva anch'egli la moglie Silvana, la dea delle selve.
Robigus, era il dio della ruggine del grano, una malattia del frumento provocata da un fungo. Lo si propiziava affinchè il grano non maturasse troppo presto favorendo la malattia. Sua moglie era Robiga cui erano dedicati i Robigalia, festa per la protezione del grano.
Consus, protettore dei granai e dei silos, aveva un altare coperto di terra o sotterrato, e gli erano sacri cavalli e muli, proteggeva anche le corse dei cavalli. Spesso era rappresentato con un chicco di grano.
Fons, era il dio dei pozzi e delle sorgenti.

Le divinità femminili non scomparvero perchè la popolazione era ancora abituata a rivolgersi a divinità femminili di protezione e clemenza, ma diventarono divinità di secondo piano.
Così Giunone, da madre di Giove (ce n'è testimonianza in uno specchio etrusco dove allatta Giove bambino) diventa sua moglie a lui asservita, che anticamente era la dea di ogni inizio, madre di Giano, dio della vegetazione che ogni anno sorgeva e moriva, per cui rappresentava anche il primo e l'ultimo dell'anno ed era "bifronte" per questo. All'inizio dell'anno infatti Giunone velata veniva festeggiata accanto a Giano suo figlio. Non a caso il nome di Giunone era Iuno, da Ianua (la porta).


Altre dee persisterono:
Bellona, antica dea della guerra per cui si apriva il tempio a lei dedicato in tempo di guerra, e un suo sacerdote scagliava la lancia che si conficcava in terra davanti al tempio che veniva poi chiuso a pace avvenuta. Usanza che fu poi trasferita a Marte. Da lei il termine bellum, la guerra e anche il termine italiano bello, perchè la Dea era bellissima.
Cerere fu in parte assimilata a Demetra, e come lei aveva una figlia di nome Proserpina che andò sposa al dio Ade-Plutone. Era una dea dei sacri misteri e il suo culto era preromano, seguito da Umbri e Olsci.
Il culto di Tellus, la Grande Madre della natura, fu in seguito associato a Cerere, in altre località adorata come la Mater Matuta, una madre in trono con uno o più pargoli, trasferita dalla chiesa sulla Madonna.
Flora, antica dea italica della primavera e dei fiori, trasferita dalla chiesa su Santa Flora.
Anche Vesta era l'antica dea Madre portatrice del fuoco, che nel mito ellenico lascia il suo seggio olimpico a Hermes, anche questo per l'avvento del patriarcato.
Anna Perenna, nelle Indie era adorata come Annia Purna, quindi divinità di origine orientale, il cui culto si svolgeva sulla via Flaminia in un bosco poco lontano da Roma. Secondo Macrobius era la dea dell'anno nuovo, che fino al 153 a.C. iniziava in Marzo. L'avvento del patriarcato sposterà l'inizio al Solstizio d'inverno, tanto che Settembre, Ottobre, Novembre e Dicembre, anzichè essere il 7° 8° 9° 10° mese diventarono il 9° 10° 11° e 12° mese dell'anno pur conservando l'antico nome.
Ops o Opi era la dea sabina il cui culto fu introdotto a Roma da Tito Tazio, il re sabino che regnò su Roma con Romolo, dea del grano mietuto e riposto nei silos, ma soprattutto dea dell'abbondanza, che aveva in mano una cornucopia da cui uscivano i frutti della terra, quindi una Grande Madre, il nome "opera" deriva da lei.
Pales, dea delle greggi e degli armenti, per alcuni un dio ma Tito Livio riporta: "Durante questa guerra, Pale, la dea dei pastori, richiese un tempio in suo onore quale prezzo della vittoria.» Dunque un'antica dea, da cui si dice discendessero i Penati.
Diana Nemorense, ovvero la Diana di Nemi, che aveva un ricco santuario in riva al lago, e di cui rimane una copia della statua, sulla via sacra che porta alla riva del lago, una Diana dalla veste corta e un seno scoperto, armata di arco e frecce, portatrice di una cornucopia vuota. Servio Tullio fece costruire il Tempio della Mater Matuta ed il Tempio della dea Fortuna, nel Foro Boario, nonchè il tempio di Diana sulle rive del lago di Nemi e il suo santuario nel vicino bosco di Ariccia. La cornucopia vuota indicava la Luna nera, cioè il culto ctonio della dea, con i Sacri Misteri di vita e morte.

I DODICI DEI

Dodici erano gli dèi principali di Roma:
Apollo, Cerere, Diana, Giove, Giunone, Marte, Mercurio, Minerva, Nettuno, Venere, Vesta e Vulcano.

Apollo fu importato dalla religione greca senza alcun corrispondente romano. Era dio della musica, della poesia, della guarigione e della profezia. Fratello di Diana, simboli di Sole e Luna. Spesso raffigurato con la cetra per cui era appellato il citeredo. In parte corrispondente all'etrusco Apulo e al greco Febo, ma fu anche assimilato ad Elios, il dio sole.
Cerere Dea delle messi, con una corona di spighe sul capo, una fiaccola in una mano e un canestro di grano e di frutta nell'altra.
Diana con un diadema a semiluna sulle chiome, dea infatti della luna, ma pure della caccia, con l'inseparabile cane cirneco, nonchè il cervo e la faretra sulle spalle. Assimilata alla greca Artemide.
Giove, o Iuppiter, re degli dèi e dell'Olimpo, dio dei tuoni e dei fulmini, barbuto, marito di Giunone. Ha come attributo il fulmine. Corrispondente all'etrusco Tinia e al greco Zeus.
Giunone, antica dea italica, antica Giovia tra i Marsi, e Iuno, moglie e madre di Iano. Per gli Etruschi Uni. Per i Romani ebbe come figlio Marte ma senza concorso di Giove. Come attributi lo scettro, il cuculo e il pavone.
Marte, dio della guerra, amante di Venere, nella Roma arcaica, dio del tuono, della pioggia, della natura e della fertilità. Fu il protettore dei soldati, e in qualità di padre di Romolo e Remo fu sentito come padre di tutti i Romani, quindi molto più sentito di Ares, il dio greco della battaglia a cui fu assimilato. Armato di spada, con scudo ed elmo. Gli era sacro il picchio.
Mercurio, messaggero degli dèi, dio dei commercianti, degli avvocati e dei ladri. Ebbe come amante Venere da cui ebbe il figlio Eros, munito di ali ai piedi e del petaso, cappello a punta a larghe falde. Anche psicopompo, cioè accompagnatore delle anime dei morti. Il suo attributo era il caduceo: due serpenti attorcigliati intorno a un bastone. Trasferito dalla chiesa fu San Mercurio.
Minerva, o Mnerva per gli Etruschi e Athena per i Greci, dea vergine della guerra, ma anche degli artigiani, e della guarigione (Minerva medica) attributi: la medusa sul petto, la lancia elmo e scudo, nonchè civetta e gufo. Nacque da un mal di testa di Giove, per cui Vulcano gli spaccò la testa facendo uscire la dea già armata.
Nettuno, fratello di Zeus, antico dio latino del mare, dei cavalli e delle corse, assimilabile al greco Poseidone, ma come moglie ebbe Salacia, la dea salmastra del mare agitato. Gli era sacro il delfino e come attributo il tridente.
Venere, antica Grande Madre e pertanto lussuriosa e bella, nata dal mare nuda ma presto vestita e ingioiellata. Sposò Vulcano che tradì con Marte, Mercurio e Anchise con cui generò Enea, progenitore di Giulio Cesare. Attributi: la colomba, il passero, la lepre, la collana, lo specchio.
Vesta antica dea del fuoco assimilabile a Estia greca, le sue sacerdotesse erano le vestali che custodivano il fuoco e i cimeli sacri, Nel tempio l'area più sacra, interdetta a chiunque tranne le Vestali, era il Penus Vestae, un sancta sanctorum dove erano conservati oggetti risalenti alla fondazione di Roma, tra cui il Palladio, il simulacro arcaico di Pallade Atena e che Enea aveva portato da Troia. Il Palladio era il simulacro ligneo della dea Atena, che Zeus donò a Ilo, il fondatore di Troia, facendolo cadere dal cielo davanti a lui. Era conservato in un grande tempio appositamente costruito, perché vegliasse sulla città. Per i Troiani era il simbolo del favore degli dei: "fin quando esso fosse rimasto al suo posto i Greci non sarebbero riusciti ad espugnare Troia". Per questo motivo Ulisse e Diomede riuscirono con l’astuzia a rapirlo. Dopo la distruzione di Troia, Diomede consegnò il Palladio ad Enea, che lo portò in Italia e lo tramandò alle generazioni della sua stirpe fino a Roma. Qui fu conservato nel tempio di Vesta e venerato anche dai Romani come simbolo della protezione degli dèi. Quando Teodosio nel 391 fece chiudere il tempio l'ultima sacerdotessa distrusse il Palladio perchè non cadesse in mani profane.
Vulcano, dio del fuoco e della forgia, è lui a costruire i fulmini per Giove, ma pure a forgiare armature per gli eroi. Figlio di Giove e Giunone era brutto e zoppo, ciononostante sposò Venere che però lo tradì con Marte. Sorpresili insieme li catturò in una rete d'oro chiedendo vendetta agli altri dèi, ma questi si limitarono a ridere, tanto sembrava assurdo che la bellissima Venere potesse essere fedele a un Dio tanto brutto.

Oltre a queste dodici divinità, i Romani ne avevano tante altre, autoctone e importate.
In pratica avevano un dio per ogni cosa:

Abeona, dea protettrice delle partenze,
Adeona, protettrice del ritorno,
Abundanzia, che garantiva abbondanza del raccolto,
Acca Larentia, dea Lupa della sessualità
Aera Cura, dea degli inferi trasformatrice,
Aeternitas, dea dell'eterno ritorno della natura,
Aio Locutio, dio che avverte dei pericoli,
Alimonia, dea che nutre il piccolo nel ventre materno,
Angerona, dea che allontana angosce e preoccupazioni,
Angizia, dea delle erbe medicinali,
Anna Perenna, dea dell'anno nuovo.
Annona, per il buon raccolto ma pure per accantonare le scorte per la prossima semina.
Antevorta, dea del futuro e delle nascite.
Apollo, dio del sole, della musica, della poesia e profezia, che occorre però tenersi buono affinchè scongiuri le peste.
Apru, per aprire le corolle dei fiori e proteggere i giardini.
Aradia, protettrice delle streghe e loro regina, invocata per filtri e malefici.
Attis, dio della vegetazione annuale.
Aurora, che portava l'alba e la dolcezza.
Averna, dea del passaggio della morte.
Bacco, per il vino e l'ebbrezza. Trasferito dalla chiesa su San Bacco.
Barbatus, dio che faceva crescere la barba.
Bellona, dea della guerra, che combatteva in prima fila con i romani.
Bona Dea, per le buone messi.
Bubona, dea protettrice dei buoi.
Caco, dio del fuoco, che però proteggeva dagli incendi.
Caelestis:: protettrice delle nascite
Caelus, dio dei cieli.
Candelifera, dea della luce e delle candele.
Cardea, per i cardini delle porte, Ovidio racconta fosse la sposa di Giano bifronte e custodisse i cardini, cioè ogni inizio e fine, preposta anche ai punti cardinali.
Carna, assiste le viscere dei bambini e il cuore e il fegato degli adulti, nonchè curatrice.
Carmenta, per passato e futuro, quindi anche per l'oracolo.
Catillus, protettore delle macine.
Cerere, per la crescita del grano. Regnava con la figlia Persefone.
Chorus, dio dei canti e dei cantori.
Cibele, dea della terra e dell'agricoltura.
Cincia, dea dei matrimoni, anche Dea della luna.
Clementia, dea che ispira la clemenza nei giudizi o sui vinti.
Cloacina, dea protettrice delle cloache e degli scarichi dei bagni. Fu dapprima uno degli appellativi di Venere, protettrice delle acque urbane e degli acquedotti.
Cocles, dea che aiuta a vedere i ciechi e chi non vede alcune cose, anche in senso morale.
Concordia, portatrice di pace e di armonia nella comunità.
Consus, dio dei silos e della mietitura. Proteggeva il grano dai topi.
Copia, dea della ricchezza e abbondanza, di messi e di denaro.
Cuba, dea che faceva addormentare i bimbi alla sera.
Cunina, dea che cullava il bimbo facendolo addormentare o calmare.
Cupido, per innamorasi e innamorare.
Dea Dia, della natura e dei campi.
Diana, per la caccia e la benedizione dei campi, ma anche Dea luna.
Dioscuri, dei del soccorso e della medicina.
Domiducus, dio che accompagna la sposa a casa.
Dria, dea della pudicizia.
Duellona, dea delle sfide e delle battaglie, invocata anche per le battaglie politiche.
Ebe, per le libagioni e l'arcobaleno che segna la fine dei temporali. Anche invocata per mantenere la giovinezza.
Ecate, dea della luna dell'oltretomba e della magia, patrona delle streghe e dei sortilegi.
Edusa, dea che dava appetito ai bimbi.
Epona, per i cavalli e i muli.
Esculapio, per la medicina.
Ercole, il semi-dio delle 12 fatiche.
Erumna, dea che salva dall'incertezza e dall'inquietudine.
Fabulinus, dio che favoriva la prima parola ai bambini.
Falacer, dio difensore del bestiame da bestie feroci e malattie.
Fama, dea degli onori, della fama e delle dicerie, ovvero delle diffamazione.
Fauna, dea degli animali femmine e del biflauto.
Fauno, dio degli animali maschi e del flauto.
Febris, per scongiurare la febbre.
Felicitas, dea del successo e della ricchezza.
Ferentina, dea delle acque pescose-
Feronia, per le bestie feroci.
Fides, dea della fedeltà allo stato,
Flora, per portare la primavera.
Fons, per mantenere pure a abbondanti le acque dei pozzi.
Fornax, protettrice dei forni.
Fortuna, per la buona fortuna e per conoscere il futuro.
Fulgora, dea che ripara dai fulmini.
Furrina, dea delle acque correnti.
Giano, custodiva la porta di casa, il primo e l'ultimo dell'anno.
Giove, per i temporali e i fulmini.
Giove Dolicheno, protettore dei soldati.
Giunone Curitis, dea della guerra.
Giunone Lucina, portava i neonati alla luce.
Giunone Pronuba, perchè le donne trovassero marito.
Giunone Opigena, che assisteva le partorienti,
Giunone Cinxia, che modellava il cinto da sposa,
Giunone Iterduca, che accompagnava la sposa nella nuova casa.
Giunone Caprotina, che assicurava la fecondità, delle donne delle bestie e dei campi.
Giunone Moneta, che protegge la Zecca e la prosperità dei Romani.
Giunone Sospita, la salvatrice degli uomini, e dei soldati.
Giustizia, dea della giustizia e dei processi.
Giuturna, proteggeva le fonti e le fontane.
Honos, dea dell'onore e della moralità.
Igea, che curava i malati.
Imporcitor, dio della terza aratura.
Insitor, dio degli innesti.
Intercidona, dea che sovrintende al taglio del cordone ombellicale
Irene, dea della pace.
Iside, dea dell'illuminazione, della maternità e del mare come protettrice dei naviganti.
Iuventas, dea degli adolescenti.
Lari, per i campi e la casa.
Laverna, protettrice dei ladri.
Liber, dio della fecondità dei campi.
Libera, dei della fertilità, per campi e animali.
Libitina, dea dei cadaveri e dei funerali.
Lua, dea della velocità, per soldati e atleti.
Luna, dea della notte, della caccia e della morte.
Lupesco, dio che allontana i lupi.
Maia, annunciatrice e portatrice della primavera.
Mala Fortuna, se seguita scongiura la mala sorte.
Mani, dei degli inferi
Mania, dea della morte.
Marte, che protegge i giovani maschi e i soldati.
Mater Matuta, madre delle messi della vita e della morte,
Mefite, per i bagni in acque sulfuree.
Mena, protettrice del mestruo femminile,
Mens, dea della mente e della coscienza,
Mercurio, per i buoni affari e per gli oratori,
Messor, dio della mietitura,
Minerva, per la guerra condotta con intelligenza,
Minerva medica, per la cura delle malattie,
Mitra, dio del sole e dei soldati romani,
Morfeo, che procurava il sonno,
Murcia, dea della bellezza velata,
Muse, le dee di tutte le arti
Mutinus, dio della fertilità delle donne,
Nenia, protettrice dei canti funebri,
Nettuno, dio del mare e delle corse dei cavalli,
Noctis, dea della notte,
Nona, protettrice delle donne gravide
Nemesi, dea della giustizia e della vendetta
Nerio, che ispira la ferocia in battaglia,
Occator, dio protettore del contadino che spiana la terra con l'erpice,
Opi, dea della maturazione del grano,
Orbona, dea degli orfani.
Pales, per la prosperità dei pascoli e la protezione dei pastori,
Partila, dea che faceva partorire presto le donne,
Pax, dea della pace,
Palaemon, protettore del ritorno in porto delle navi,
Paventia, dea che evitava o curava dagli spaventi,
Persefone, dea degli inferi per il buon trapasso,
Pietas, dea del rispetto dello stato, della famiglia e degli Dei,
Pomona, per i frutti autunnali,
Populonia, dea delle nascite,
Poros, dio dell'ingegno che produce abbondanza,
Portuno, protettore dei porti,
Postvorta, dea che protegge i naonati in posizione cefalica,
Potina, dea che proteggeva la bevuta del bimbo perchè non si strozzasse,
Plutone, dio degli inferi e delle ricchezze,
Priapo, dio della sessualità virile,
Prorsa, dea che si prende cura della posizione del neonato durante il travaglio,
Rederator, dio protettore della seconda aratura,
Robiga, dea delle selve,
Robigus, dio protettore dalla ruggine del grano,
Roma, la Dea protettrice dell'Urbe e dell'Impero,
Romolo e Quirino, dio del popolo Romano e delle Curie,
Rumina, che protegge il latte materno,
Sabazio, dio della fertilità,
Salacia, dea del mare,
Salus, per la salute,
Sanco, dio dei giuramenti,
Saturno, per la semina,
Securitas, dea che dava la sicurezza,
Sentia, dea che aiutava a pensare,
Silvano, dio dei boschi,
Silvia, Silviana, dea delle selve
Somnus, dio del sonno e dei sogni,
Soranus, dio della morte e del termine,
Spes, la dea che ridava la speranza,
Statulino, dio che curava la posizione eretta dei bimbi,
Sterculo, dio della concimazione dei campi,
Stimula, che infondeva passioni alle donne,
Strenua, che porta doni ai bambini,
Subruncinator, dio della sarchiatura,
Summanus, dio dei tuoni notturni.
Tacita, dea dei segreti e del silenzio.
Tana, dea della magia e della trasformazione.
Tellumo, dio della crescita delle piante.
Tellus, dea della terra e della natura.
Tempesta, per sedare le tempeste, soprattutto in mare.
Termine, per i confini.
Tiberino, dio del Tevere.
Urano, dio del cielo.
Vacuna, dea del riposo dopo il lavoro,
Vaticano, dio che apre la bocca al neonato consentendogli il primo vagito.
Veiove, protettore dei boschi sacri.
Venere, per l'amore e la sessualità.
Venilia, dea delle profondità marine.
Vercvactor, dio della prima aratura.
Verminus, dio che allontanava dal bestiame la malattia dei vermi.
Veritas, dea della verità e la lealtà,
Vertumno, per la maturazione dei frutti.
Vesta, dea del focolare.
Vica Pota, dea della conquista e della vittoria.
Victoria, dea della vittoria in guerra.
Viduus, dio che separa l'anima dal corpo dopo la morte.
Virbio, dio della caccia.
Virginia, dea della politica.
Viriplaca, dea che placa la rabbia degli uomini.
Virtus, dea del coraggio in battaglia.
Volturno, dio del vento.
Volupia, dea del piacere sessuale, nonché delle prostitute.
Vulcano, per i fabbri.
C'era anche un Dio che aveva parlato un'unica volta, ammonendo di notte i Romani di ricostruire mura e porte o Roma sarebbe stata conquistata. Dopo l'invasione dei Galli i Romani ripensarono alla voce notturna e gli innalzarono un tempio. Il Dio si chiamò Aio Locutio.


Corrispondenze tra dèi Greci e dèi Romani:

Ade - Plutone: Dio degli inferi
Afrodite - Venere: Dea della bellezza
Febo - Apollo: Dio del sole
Ares - Marte: Dio della guerra
Artemide - Diana: Dea della caccia
Asclepio - Esculapio: Dio della medicina
Atena - Minerva: Dea della guerra e dell'intelligenza
Borea - Aquilone: Dio del vento del nord
Crono - Saturno: Dio del tempo
Demetra - Cerere: Dea della terra e della fertilità
Dike - Giustizia: Dea della giustizia
Dioniso - Bacco: Dio del vino
Efesto - Vulcano: Dio del fuoco e della metallurgia
Eos - Aurora: Dea dell'aurora
Era - Giunone: Regina degli Dei
Eracle - Ercole: Eroe delle dodici fatiche
Erinni - Furie: Dee dell'ordine morale e della vendetta
Eris - Discordia: Dea della discordia
Ermes - Mercurio: Dio dei mercanti e dei ladri, messaggero degli Dei
Eros - Cupido: Dio dell'amore
Estia - Vesta: Dea del focolare domestico
Ilizia - Lucina: Dea delle partorienti
Ipno - Somnus: Dio del sonno
Leto - Latona: Dea della tecnologia e dei fabbri
Moire Parche: Dee del destino
Nike - Vittoria: Dea della vittoria
Persefone - Proserpina: Dea della terra feconda
Poseidone - Nettuno: Dio del mare
Rea - Opi: La dea madre
Tanatos - Orco: La morte
Tiche - Fortuna: Dea della fortuna e del caso
Zefiro - Favonio: Il vento di ponente
Zeus - Giove: Sovrano di tutti gli dei

I SACERDOTI

Riferisce la tradizione che fu Numa Pompilio ad istituire i sacerdozi stabilendo riti e cerimonie annuali. Infatti il nuovo calendario, della fine del VI secolo a.C. divideva l'anno in giorni fasti e nefasti stabilendo feste e cerimonie. A capo della gerarchia religiosa c'era il Rex Sacrorum, cui erano affidate le funzioni religiose compiute un tempo dai re.


Sotto di lui:
Flamini, 3 maggiori e 12 minori, addetti ciascuno al culto di una specifica divinità.
Pontefici, erano 16 con a capo il Pontefice Massimo, addetti a presidiare il culto religioso.
Auguri, anche questi 16, interpreti degli auspici per ottenere il consenso degli Dei ed evitarne le ire. Erano di derivazione etrusca. Si basavano sul volo degli uccelli, tracciando linee nell'aria con un bastone ricurvo (il Lituo), delimitando una porzione di cielo, per interpretare l'eventuale passaggio di uccelli. Oppure si basavano su la lettura del fegato di un animale sacrificato, o su eventi straordinari, i prodigi, come calamità naturali, animali a due teste, epidemie, eclissi ecc. per interpretare l'umore degli Dei.
Vestali, 6 sacerdotesse consacrate alla dea Vesta, con una Gran Sacerdotessa, le uniche che avessero l'obbligo della castità pena la morte. Tenevano perennemente acceso il fuoco della Dea che seppur declassata era la prima divinità cui si faceva il rito annuale.
Decemviri o Quimdecemviri sacris faciundis, addetti alla divinazione ed alla interpretazione dei Libri Sibillini, antichi libri risalenti a un'epoca matriarcale, quelli che vennero consultati per sconfiggere Cartagine e che portarono a Roma il simulacro della Grande Dea Cibele.
Epuloni, addetti ai banchetti sacri.
I Sodalizi invece erano confraternite religiose, e a Roma ce n'erano quattro:
I Fratelli Arvali, erano 12 dodici, addetti al culto della Dea Dia, con riti segreti e misterici. Nel mese di maggio compivano l'antica cerimonia di purificazione dei campi, gli Arvalia.
I Luperci, addetti ai Lupercalia, divisi in Quintiali e Fabiani. riti di purificazione in nome del Dio Luperco, protettore del bestiame ovino e caprino dall'attacco dei lupi. Per Dionisio di Alicarnasso i Lupercalia si rifacevano all'allattamento di Romolo e Remo da parte di una lupa e venivano celebrati nella grotta chiamata appunto Lupercale, sul colle romano del Palatino dove avvenne il fatto. Che un Dio lupo protegga le pecore è poco credibile, mentre la Lupa era un'antica divinità romana cui si dedicava la prostituzione sacra, tanto è vero che le prostitute a Rola venivani chiamate "lupe" e il postribolo "lupanare". Per questo i Romani si definirono "figli della lupa".
I Salii, sacerdoti di Marte, divisi in due gruppi da dodici detti Collini e Palatini. Gli antichi Sabini lo adoravano sotto l'effigie di una lancia chiamata "Quiris" da cui il nome del dio Quirino, da cui Romolo Quirito. Il culto era dunque in realtà più antico, sia sabino che celtico.
I Feziali, una sorta di 20 ambasciatori di guerra col nemico. Il Bellum Iustum, la giusta guerra, doveva essere dichiarata secondo un rito in cui il Pater Patratus pronunciava una formula mentre scagliava il giavellotto in territorio nemico. Ma il rito era scomodo e pericoloso per cui si adibì terreno presso il Teatro di Marcello, su cui fu eretta una colonna, Columna Bellica, che rappresentava il territorio nemico, in cui svolgere il rito.


I TEMPLI

Lo spazio sacro per i Romani fu all'inizio un bosco sacro, un'ara, un luogo consacrato, orientato secondo i punti cardinali, a seconda del carattere del Dio si sceglieva l'orientamento. A Roma, nel II sec. a.c. si poteva tagliare legna da un bosco sacro solo sacrificando un maiale. Nel De re rustica Catone cita la preghiera di espiazione che deve fare il taglialegna alla divinità del bosco perchè non lo punisca per la sua necessità.

L'altare o ara era la struttura sacra dedicata alle cerimonie religiose, alle offerte ed ai sacrifici, un tempo erette nei boschi o presso le sorgenti, poi in città negli incroci o nei templi.

Le edicole sorgevano come oggi quelle cattoliche, agli incroci di strade, e c'erano poi i sacelli, santuari in dimensioni ridotte. Le edicole erano piazzate in punti strategici, anche agli angoli delle strade, coi loro lumini che servivano anche di riferimento ai viandanti notturni.

Il tempio romano fu all'inizio molto simile all'etrusco, poi si rifece all'arte greca ma senza notevoli varianti. Il tempio romano era soprelevato e accessibile da una lunga scalinata, con una parte interna accessibile solo ai sacerdoti, e una esterna per il pubblico che presenziava.


OGGETTISTICA NEI SACRIFICI

Situla - In bronzo o in argento serviva in ambito religioso, come contenitore di acqua lustrale, o vaso per libagioni, o per raccogliere il sangue delle vittime durante i sacrifici o nei riti bacchici.
Rhyton - Vaso per bere in argento o oro, a forma di corno di animale, ricurvo e a punta. Spesso la parte superiore del vaso é a testa di satiro o di animale, con un foro sul fondo per fare uscire il liquido; a volte usato per le libagioni. Spesso riferito al culto dionisiaco.
Patera - Vaso da libagione in terracotta, bronzo o argento, con vasca poco profonda e ampia, a volte ombelicata, a pareti convesse, e manico tubolare sotto l’orlo, uniti da una placca con due appendici a "chele di granchio" che seguono la curvatura delle pareti per quasi tutta l'altezza. Alcune patere hanno un emblema al centro del fondo. Rappresentata spesso in scene di sacrificio o figure di offerenti e di defunti. Le ‘patere ombelicate’ hanno una protuberanza sporgente al centro, una rientranza del fondo stesso, che serviva a facilitarne la presa col dito.
Aspersorio - Un legno o un bastoncino di bronzo o argento alla cui estremità era attaccato un ciuffo di crine, Serviva per aspergere e benedire gli animali o le are.

GLI ANIMALI NEI SACRIFICI

Solitamente venivano sacrificati buoi, pecore, maiali, capre, ma anche altri animali, a seconda della natura del dio e delle circostanze del sacrificio. Gli animali destinati al sacrificio non dovevano avere difetti fisici, e una volta prescelti venivano separati dal resto del gregge. Il giorno del sacrificio la vittima veniva lavata e adornata con ghirlande vegetali, e successivamente "immolata" cioè cosparsa di un miscuglio di farro e sale, la mola salsa, preparata dalle vestali. Alcuni inservienti provvedevano a condurre l’animale sul luogo del sacrificio, dove attendevano il sacrificante, un magistrato o il capo famiglia, i vittimari, incaricati di uccidere la vittima, gli aruspici, che esaminavano le viscere della vittima a scopo divinatorio, una lunga serie di attendenti e il pubblico. Dopo le preghiere di rito la vittima veniva abbattuta. Il sangue colato veniva raccolto e cosparso sull’altare, e l’animale squartato per estrarne le viscere. Le viscere, tagliate a pezzi e cosparse di olio e sale venivano offerte alla divinità, mentre tutto il resto veniva consumato dagli astanti.

IL SACRIFICIO UMANO - LA DEVOTIO

La Devotio era un voto di immolazione di sè che un ufficiale romano faceva prima di una battaglia di esito pericoloso, per assicurare ai suoi la vittoria.
Pronunciato il suo voto l'ufficiale si gettava nella mischia per farsi colpire e uccidere, dando enorme incoraggiamento ai romani, in quanto convinti che quel sacrificio umano costringesse gli Dei a dar loro la vittoria.

Il primo caso di devotio presente nell'annalistica romana è quello riportato da Livio durante la narrazione della guerra contro i Latini del 340 a.c. Provenne dalla gens Decia, di origine sabina, per la quale il rito della devotio, era una istituzione sacra e gentilizia.
L'esercito romano stava subendo pesanti perdite ad opera del nemico e Publio Decio Mure, al comando delle proprie legioni, decise di sacrificare la propria vita compiendo la Devotio:

"Il pontefice gli ordinò di indossare la toga pretesta, di coprirsi il capo e, toccandosi il mento con una mano fatta uscire da sotto la toga, di pronunciare le seguenti parole, ritto, con i piedi su un giavellotto:
- Giano, Giove, padre Marte, Quirino, Bellona, Lari,
Dei Novensili, Dei Indigeti,
Dei cui siamo affidati noi e i nostri nemici,
Dei Mani, vi invoco, vi imploro e chiedo umilmente la grazia:
concedete benigni ai Romani la vittoria e la forza necessaria
e gettate paura, terrore e morte tra i nemici del popolo romano e dei Quiriti.
Come ho dichiarato e nel senso che ho dato alle mie parole,
così io agli Dei Mani e alla Terra,
per la repubblica del popolo romano dei Quiriti,
per l'esercito, per le legioni e per le truppe ausiliarie
del popolo romano dei Quiriti,
offro in voto le legioni e le truppe ausiliarie del nemico
insieme con me stesso" -

Cintasi poi la toga con il cinto gabino, saltò a cavallo con le armi in pugno e si gettò in mezzo ai nemici, apparendo a entrambi gli eserciti con un aspetto ben più maestoso di quello umano, come fosse stato inviato dal cielo per placare ogni ira degli Dei. -
Un altro Publio Decio Mure, figlio del precedente, eseguì il rito della devotio nel 279 a.c. durante la guerra contro Pirro.
Macrobio (Saturnali) - la Devotio contro Cartagine

Nel 147 a.c., la sera che precedette l'attacco finale, Scipione Emiliano radunò il suo esercito e pronunciò la sacrale devotio, invocando le potenze infernali a punire i nemici di Roma.

«Disperdeteli per sempre, seminate terrore e angoscia nella città di Cartagine e nel suo esercito che ora chiamo con il suo vero nome. Coloro che portano le armi e lanciano le loro frecce contro le nostre legioni e il nostro esercito, fateli scomparire e portate via la luce da questo esercito, da questi nemici, dagli uomini delle città, dai campi e da tutti gli abitanti di queste regioni.»

Dunque un comandante romano, in situazioni di estrema gravità, poteva prima o durante la battaglia decidere di votare la sua vita e l'esercito nemico agli Dèi Mani e alla Terra. Indossata la toga praetexta, di cui un lembo doveva coprire il capo, saliva su una cavalcatura impugnando un'arma da lancio e, tenendosi il mento con una mano, pronunciava la formula rituale della devotio. Dopo averla pronunciata, indossata la toga col cinctus Gabinus (cioè annodata in vita), si gettava tra le file nemiche trovando la morte.

Il comandante poteva anche scegliere al posto suo un milite tra i cittadini arruolati nella legione. Se l'uomo moriva, la scelta era ben fatta; se non moriva, si sotterrava una statua alta 7 piedi (circa due m.) e si faceva un sacrificio espiatorio. Era vietato ai magistrati romani passare sopra il luogo di sepoltura di questa statua. Se era il comandante a votarsi e a non morire, non avrebbe più compiere alcuna cerimonia religiosa privata o pubblica senza contaminazione. Se il nemico si impadronisca dell'arma sulla quale il comandante aveva pronunciato la formula della devotio, occorreva compiere un suouetaurilia (sacrificio di un porco, una pecora e un toro) espiatorio a Marte.


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